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Bosch: dalla candela all'IoT, riflessioni su auto, diesel ed elettriche | Editoriale

Dalla storia di Bosch alle riflessioni sul mondo dell'auto, diesel ed elettrico

Bosch: dalla candela all'IoT, riflessioni su auto, diesel ed elettriche | Editoriale
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Luigi Melita
Luigi Melita
Pubblicato il 15 lug 2018

Bosch è un esempio di azienda talmente versatile e poliedrica da spaziare in molti settori. E chi crede che si occupi solo di trapani, si sbaglia di grosso…

 

Un po’ di storia…e che storia!

La storia di Bosch è interessante sia per le origini che per le innovazioni presentate nel corso dei decenni, al punto che ci sarebbe tanto materiale da poterci scrivere una tesi per più di un anno di lavoro. Vediamo quindi i punti salienti: dopo la scuola tecnica e un breve apprendistato, Robert Bosch parte per lavorare in Germania, tappa seguita dall’esperienza in Edison a New York e in Siemens in Inghilterra. 

Il ritorno in patria è datato 1886, anno in cui apre l’Officina Meccanica di Precisione e Elettrotecnica. Questo il laboratorio dove nasce l’intuizione: l’auto sarà un mezzo per il quale la velocità diventerà elemento fondamentale, un’intuizione geniale se consideriamo i tempi. 

Mentre il mondo dell’auto combatteva una guerra che vedeva motore a vapore, elettrico e a benzina avversari in cerca della vittoria, i grandi produttori di oggi iniziavano a nascere tra Germania e Francia. Bosch assistette così ai vari traguardi: il motore a vapore della Dion-Bouton vinse la Parigi-Rouen percorrendo 126 km a poco più di 18 chilometri orari di media. Gli anni successivi, dopo il dominio del vapore, videro una rivincita dell’elettrico che raggiunse i 63 km/h con Gaston de Casseloup Laubat fino ai 100 km/h della Jamais Contente nel 1899. I motori a benzina stavano perdendo la guerra ma le aziende che ci credevano non si sono mai arrese. 

In questo contesto Bosch si interessò al settore auto: nel 1887 costruì il primo magnete d’accensione a bassa tensione per un motore a gas. Seguì una crisi che svuotò l’azienda dei 22 dipendenti: rimasero Bosch, Zahringer, un meccanico e un apprendista, Honold.

Come vapore ed elettrico persero la guerra contro il motore a scoppio

Lavorando per migliorare l’accensione magnetica, il piccolo gruppo riuscì ad applicare con successo il prototipo alla De Dion-Bouton a tre ruote, convertita nel 1893 dal motore a vapore a quello a scoppio. Daimler accettò la proposta, seguirono altri produttori e l’azienda ritornò a crescere, sebbene restasse il problema delle prestazioni per i benzina.

Bosch era convinto che vapore ed elettrico non avrebbero avuto futuro: le caldaie a legna e carbone erano ingombranti e pesanti, e le elettriche dovevano fare i conti con batterie pesanti, con poca autonomia e tempi di ricarica biblici. Robert decise così di affidare a Honold la risoluzione del problema dell’accensione nella fase di espansione dei motori a scoppio. I ciclo Otto usavano all’epoca una barra incandescente che innescava subito il carburante al suo ingresso in camera: come controllare con precisione l’accensione?

La risposta fu la candela del 1902 accoppiata al magnete ad alta tensione: nella prima fase i giri dei motori a scoppio salirono da un migliaio a 3.000, migliorarono le prestazioni e la potenza. L’alba del 1900 sorgeva, rendendo chiaro quale sarebbe stato il futuro dell’auto. 

Daimler sposò subito l’idea mentre Bosch rinnovò gli impianti imitando la produzione in serie degli USA e innovandola: non solo grandi quantità ma attenzione alla qualità e agli uomini che producevano, tanto che introdusse per primo, nel tempo, la giornata lavorativa di 8 ore, il sabato pomeriggio libero e le ferie regolamentate. Inizia così la parabola ascendente, che vede Bosch impegnata anche nelle gare automobilistiche e la candela come un elemento fondamentale dell’industria, passata da 5 modelli per l’intero mercato auto alle circa 1.250 tipologie di oggi.

E alla fine arriva l’Internet of Things

Il resto è storia, con traguardi come quello del 1932 (primo trapano di Bosch), i frigoriferi nel 1933, i sistemi di illuminazione auto nel 1937, l’ABS in serie nel 1978, i MEMS su vasta scala negli anni novanta insieme alla produzione del common rail nel 1997. Nel tempo Bosch è sempre riuscita a non sedersi sugli allori ma innovare e investire in Ricerca e Sviluppo, arrivando oggi ad occuparsi di blockchain, data detection, connettività, data management e Intelligenza Artificiale. Tutti settori che entreranno prepotentemente nel mondo automotive, come hanno già fatto innovazioni come l’ABS per le auto o MSC per le moto, incluse quelle più recenti, tra gli ADAS (AEB predittivo in serie nel 2010), i componenti per bici elettriche con tanto di ABS, i freni iDisc che inquinano meno o eAxle per i veicoli elettrici.

Il 2017 ha visto 7.3 miliardi di euro in investimenti figli del progetto quinquennale che arriva a ben 30 miliardi. Parte di questi ha consentito di abbracciare l’IoT per l’Industrial Technology e rinnovare la gestione della produzione in direzione dell’industry 4.0.

A livello industriale significa creare una rete di fabbriche connesse dove la conoscenza è condivisa nel cloud e accessibile a tutti, ottimizzando practices e procedure. Oggi c’è la fabbrica virtuale che crea un modello digitale del prodotto e consente di testarlo prima di avviare la produzione. Oggi è disponibile una classifica aggiornata delle prestazioni degli impianti nella produzione: in pochissimo tempo si può capire perché una fabbrica rende più di un’altra, qual è il macchinario o il processo che fa la differenza e come intervenire per migliorare la resa.

A livello di prodotto, invece, la Bosch IoT Suite è una piattaforma che gestisce i dispositivi connessi e l’obiettivo è, nel giro di pochi anni, rendere tutti i prodotti Bosch connessi alla rete, collegando così veicoli, persone e servizi.

L’uomo resta al centro: riflessioni da gestionale

Alla presentazione dei risultati finanziari di Bosch Italia non sono mancati i soliti numeri e lo sfoggio di tecnologia. In mezzo agli “annunci da comunicato stampa", come i 2.5 miliardi di euro di fatturato per il gruppo in Italia nel 2017, o alla trovata di marketing di rendere un robot la star del palco durante la presentazione, c’è una tema che il sottoscritto, a causa della formazione di Ingegneria Gestionale, si sente di portare all’attenzione.

Qualcosa l’ho già anticipato nella parte “storica", citandovi l’attenzione non solo per la qualità del prodotto ma anche per la qualità del lavoro dell’uomo: se quei valori nascevano con Robert Bosch nei primi del novecento, oggi non sono affatto sbiaditi. 

Basti guardare la sola filiale italiana, dove il CEO ha dichiarato guerra alla gerarchia, riducendo i livelli da 8 a 3, migliorando di conseguenza i processi e riuscendo ad eliminare perdite di tempo. Prima doveva riempire il calendario con riunioni con ognuno dei 35 manager intermedi e i loro report; oggi il management ha più autonomia e il presidente viene interpellato solo per le questioni più critiche.

L’idea nasce dal concetto che “solo se una posizione fornisce valore aggiunto ha diritto di esistere. Se mi limito a fare amministrazione (management) non ho diritto di esistere“. Così, in Bosch Italia, è il CEO Gerhard Dambach quello che crea report mensili aggiornando i dipendenti sullo stato dell’azienda, ribalta la piramide e consente a tutti di proporre nuovi progetti, che diventano “idee". Certo, c’è sempre un filtro intermedio, ma quale modo migliore di incentivare qualcuno se non farlo lavorare – fermo restanti competenze e capacità – ad un progetto a cui tiene e che ha proposto?

Nasce così una rete interna che imita i social e consente di organizzare il lavoro: i frutti di questa filosofia arrivano fino in linea produttiva, dove chi gestisce ascolta le necessità di chi si trova effettivamente, ogni giorno, a contatto con la linea stessa. 

Da un lavoro ritenuto troppo ripetitivo e stancante da parte di un’operatrice, ad esempio, è nata una discussione che ha portato all’automazione di parte di quel compito, lasciando alla macchina il task meccanico e di ausilio così da potenziare la capacità dell’uomo di creare valore aggiunto.

Il diesel è un secchione, l’elettrico un quarterback?

Nel college dell’auto il diesel, per sopravvivere oggi e raccogliere i frutti domani, è costretto a studiare e migliorare giorno dopo giorno. Magari da giovane puzza un po’ e parte lento ma, dopo il college, spesso crea il prodotto geniale che sarà acquistato proprio dall’atleta che non è riuscito a sfondare. L’elettrico invece riceve la palla, scatta con la sua coppia istantanea ed entra nel cuore delle fanciulle (e non solo). Certo, deve allenarsi per migliorare la resistenza ma aumentando la densità energetica dei suoi “muscoli" è già in grado di mostrare subito progressi facili nell’autonomia.

Bosch ha recentemente introdotto una nuova tecnologia in grado di ridurre le emissioni di NOx dei diesel arrivando al valore di soli 13 mg al chilometro per il combinato (40 mg/km in città) nel ciclo RDE. Interrogato sulla questione, il CEO di Bosch ha rilasciato la seguente dichiarazione che vi propongo in maniera integrale prima di un commento:

Il diesel ha un problema d’immagine: tecnologicamente sarebbe sbagliato metterlo in pensione perché oggi è la tecnologia più pulita, anche nei confronti della mobilità elettrica. 

La macchina elettrica arriverà ma non siamo ancora preparati nella distribuzione perché con 3.7 kW non si carica [in tempi decenti], servono almeno 7 kW. E i provider aumenterebbero ulteriormente i costi. 

 

Anche vedendo il mix di produzione dell’elettricità italiana di oggi, già molto più sana [con maggior quota da fonti rinnovabili] rispetto altri Paesi, il livello di inquinamento dei diesel moderni è più basso.

 

Oggi il passo indietro verso la macchina a benzina non lo farei, la macchina diesel mi porta tanti vantaggi a cui non voglio rinunciare.

 

L’auto elettrica arriverà ma non siamo ancora preparati per produzione e distribuzione dell’energia: le aziende stanno aspettando perché sanno che, se sbagliano l’investimento e il tempismo, rischiano di andare in rosso. L’automotive vive solo di numeri grandi: Fiat era l’unica azienda in Europa che ha mai guadagnato con le macchine piccole, tutti gli altri hanno proposto questi modelli per fare massa, ma i risultati [margini] arrivavano con auto come A6 e Classe S. Non sarà semplice guadagnare con le elettriche se non si raggiungono numeri importanti.

La mia riflessione, in attesa della vostra

Se mi seguite su queste pagine, nei video o sui social [momento pubblicità gratuita: Instagram e Facebook], saprete già qual è il mio pensiero. Quando ho scelto la Juke l’ho scelta diesel anche per il piacere di guida di questa motorizzazione rispetto al benzina (sono uno da coppia in basso più che da potenza in alto) ma, nonostante ciò, ho approcciato con curiosità e con il maggior grado di oggettività per me possibile l’elettrico.

Così è nato il progetto #hdelettrico che, a fronte di qualche ripercussione sulla vita quotidiana (al momento la Juke è ferma a Verona e non ho un mezzo termico neanche per fronteggiare le emergenze, devo fare tutto con e-Up o – a breve – e-Golf), mi ha permesso di avere basi oggettive per parlare di questa alimentazione.

Può quindi convivere in un solo uomo, seppur dotato di abbondante volume corporeo, l’infatuazione per l’elettrico e il sostegno per il diesel a fronte di media che, spesso troppo approssimativi e poco inclini alla prova empirica sul campo, posizionano queste tecnologie come antitetiche? Sì. Come leggere, quindi, la dichiarazione di Gerhard? 

Diesel: angelo o demone?

Vero, oggi il diesel ha un problema d’immagine, conseguenza diretta dei media che hanno coniato il termine dieselgate: potevano chiamarlo “truffa nei test per le emissioni". In questo modo è chiaro che il messaggio trasmesso ad un pubblico che si accontenta di notizie approssimative è che “il diesel è il cattivo del momento".

Ammetto che il vero villain dell’Internet, il SEO, ha costretto anche il sottoscritto a piegarsi all’uso del termine dieselgate, sebbene abbia sempre cercato di sfruttare la cronaca o l’evento del momento per studiare e creare qualcosa di più profondo e meno approssimativo di una semplice notizia: lo speciale su consumi ed emissioni, l’approfondimento sulla tecnologia per migliorare i consumi e lo speciale su Euro 6D Temp.

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Vi cito il percorso per farvi capire meglio come sono arrivato all’opinione: vero, i diesel erano “sporchi".  Poi sono arrivati i “filtri" e dall’Euro 5 (in parte da Euro 4) hanno iniziato a migliorare con un progresso tecnologico notevole. La tecnologia, però, costa: finché i filtri non si rompevano o lo facevano in garanzia erano tutti felici. In caso contrario, volatili per diabetici

Oggi però i benzina stanno perdendo questo vantaggio: i costosi filtri e le soluzioni tecnologiche per adeguare questi motori ai prossimi standard stanno livellando il terreno dei prezzi, sia in produzione che in manutenzione. Il diesel recupera terreno confermandosi come motore che emette meno clima-alteranti. E i NOx? Oggi si smagrisce sempre di più nei benzina, ambiente fertile per generare questi inquinanti.

Tirando le somme, un diesel moderno non è da demonizzare, piuttosto va incolpato il parco circolante italiano troppo vecchio, con quasi la metà delle auto nel nostro Paese datate pre-Euro 4.

Auto elettriche: infrastrutture, rete e distribuzione

Sull’elettrico la questione è più complessa: Enel aveva già annunciato in questa occasione – e diamo per veritiere le loro parole visto che si tratta di dichiarazioni ufficiali – di essere pronta con la rete di distribuzione a fronteggiare un improbabile drastico aumento del parco EV circolante. Cosa che comunque non accadrà nell’immediato.

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Avanziamo quindi un leggero dissenso – in attesa di approfondire meglio – sulle dichiarazioni relative alla distribuzione ma soffermiamoci sul discorso prezzi. In questo caso l’evidenza dimostra come i costi d’investimento siano alti, specie se si parla della tecnologia delle colonnine in corrente continua: prova è l’aumento dei costi di ricarica nelle colonnine Enel X, oggi tra 0.45 e 0.50€ al kWh, cifre più alte delle origini. Tesla stessa lo conferma: partita con “elettricità gratis" e passata a “pagatevela voi", logica imposta dai volumi maggiori.

Infine nulla da dire sulla questione dei volumi: è chiaro che le elettriche non faranno margini finché non raggiungeranno numeri importanti ma, per tutta una serie di questioni che vanno dall’immagine, marketing, Ricerca & Sviluppo, oggi è il momento in cui bisogna iniziare a parlarne e oggi è il momento in cui i produttori devono esserci per poter cogliere l’onda fra qualche anno.

Conclusioni: mi butto sulla politica

Raramente mi lancio in discorsi politici ma è chiaro un fatto: servono gli incentivi, non per una tecnologia in particolare ma allo scopo di rinnovare il parco circolante

Per come vedo il mercato dell’auto in questi anni di transizione verso la nuova decade, il virtuosismo è rappresentato dalla coesistenza di benzina innovativi come quello di Mazda, diesel moderni come le tante soluzioni tra cui Mercedes e Bosch, ed elettriche. Ognuno di questi sistemi risponde ad una determinata esigenza e sarebbe azzardato dichiarare che una sola tecnologia è la soluzione a tutti i problemi.

Proprio come sarebbe folle “costringere" tutti ad utilizzare Windows, OSX o Linux; o ancora parteggiare per Android demonizzando iOS senza tener conto di chi utilizzerà il sistema. Adobe Premiere è il miglior software di video editing consumer? C’è chi risponderebbe di sì, ma avete considerato la differenza di prestazioni su Mac in confronto a Windows? Contestualizzando si capisce che c’è una tecnologia per ogni esigenza e per ogni “ambiente".

Così come gaming su PC e gaming su console si rivolgono a mondi diversi, così come non si può consigliare una reflex o mirrorles per tutti i fotografi senza sapere se si occupano di matrimoni, sport o natura e se fanno solo foto o video (e qui Canon, Nikon e Sony rispondono ognuno a diverse esigenze con i rispettivi punti di forza), allo stesso modo non esiste un’alimentazione universale, non in questo periodo storico.

Per questo che, secondo me, in Italia oggi serve incentivare al rinnovo del parco circolante. Serve uno Stato in grado di supportare il cittadino con agevolazioni piuttosto che amministrazioni che reagiscono con blocchi e divieti. E serve un cittadino consapevole ed informato sulla tecnologia per fare il miglior acquisto possibile in base alle sue esigenze.

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