FCA, l'eredità di Marchionne nei risultati del Q2: debito azzerato
Debito azzerato e indicatori positivi: l'eredità di Marchionne è una FCA più sana
"Mi piace aggiustare le cose", dichiarò Sergio Marchionne il 1° giugno del 2004, quando, dopo aver risanato in tempi record l'azienda svizzera SGS Group, venne appuntato Amministratore Delegato di Fiat S.p.A.
Di acqua sotto i ponti, in questi 14 anni, ne è passata tanta, e il percorso di Fiat (nel frattempo divenuta Fiat Chrysler Automobiles) non è stato certo sempre rose e fiori. Abbiamo dovuto dire addio a Lancia (marchio che già all'epoca non godeva di buona salute, a causa delle precedenti politiche), a modelli iconici come la Dodge Viper, e ad una gamma completa per il marchio Fiat, oggi relegato ai soli modelli Panda, 500 e poco altro.
Ma è anche vero che abbiamo assistito al record di vendite di Jeep, divenuto il vero marchio globale del Gruppo, e al rilancio dei brand Maserati e Alfa Romeo. Per non parlare di Ferrari, in costante crescita sia sul piano finanziario/commerciale sia su quello delle competizioni.
Il più grande cruccio di Sergio, tuttavia, è sempre stato un altro: azzerare il debito industriale dell'azienda. In caso di riuscita, il manager italocanadese celebre per il suo maglioncino nero aveva annunciato che avrebbe indossato – in via del tutto eccezionale – una cravatta. Cosa che è avvenuta lo scorso 1° giugno quando, a 14 anni esatti dal suo ingresso al comando del Gruppo, è stato presentato l'ultimo piano industriale "dell'Era Marchionne"
Nel giorno della scomparsa del collega e mentore, il nuovo CEO di FCA Mike Manley ha ufficializzato l'azzeramento del debito industriale del Gruppo Fiat Chrysler Automobiles. A fianco del direttore finanziario Richard Palmer, Manley ha comunicato che, per la prima volta, il gruppo FCA riporta una liquidità netta industriale pari a 0,5 miliardi di euro, in miglioramento di 1,8 miliardi di euro rispetto a fine marzo 2018.
Leggendo il documento allegato in fonte, emerge un free cash flow industriale pari a 1,5 miliardi di euro, al netto di investimenti per 1,3 miliardi, rispetto a 0,7 miliardi nel secondo trimestre 2017. La liquidità disponibile è aumentata di 1,8 miliardi di euro nel trimestre a 21,1 miliardi di euro.
Le stime dei conti presentate lo scorso giugno non sono cambiate, ad eccezione di un ribasso di quelle per la fine dell'anno relative a ricavi netti ed EBIT adjusted. Confermate invece sull'utile netto adjusted. I ricavi previsti per il 2018 ammontano tra i 115 e i 118 miliardi di euro, con EBIT adjusted tra 7,4 e 8 miliardi di euro, mentre l'utile netto adjusted è pari a circa 5 miliardi di euro. Nel secondo trimestre, l’utile netto adjusted è stato pari a 981 milioni di euro, in calo del 9% (stabile a parità di cambi di conversione) e un utile netto a 754 milioni di euro in diminuzione del 35% (-26% a parità di cambi di conversione).
Il gruppo non può lamentarsi nemmeno per quanto riguarda le consegne: nel secondo trimestre del 2018 FCA ha consegnato 1.301.000 veicoli, con una crescita del 6% da attribuire soprattutto ai mercati NAFTA (USA e Canada) e l'America Latina.
In ribasso, per ovvi motivi di stabilità dati dai repentini cambi ai vertici (e le dimissioni di Alfredo Altavilla, braccio destro di Marchionne, non aiutano), i titoli in borsa. Il titolo di FCA è sceso ad un minimo di 14,734 euro, assestandosi intorno ad un -8,7%, anche a causa della revisione al ribasso delle stime di cui sopra.