Stop endotermiche 2035: tra polemiche, dubbi e fazioni, facciamo il punto | Video
Il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione UE di interrompere, a partire dal 2035, la vendita delle vetture a motore endotermico. Cosa succederà?
La notizia del via libera del Parlamento Europeo alla proposta della Commissione sull’interruzione della vendita delle auto endotermiche a partire dal 2035 ha frammentato l’opinione pubblica – in bilico tra chi paventa l’inevitabile crisi del settore e chi sposa questa decisiva svolta green – e sollevato un fitto stuolo di scudi.
Tra lo scetticismo di alcuni Stati membri, dei sindacati e persino delle case automobilistiche (che stanno ad ogni modo accelerando la transizione), e la spinta verso una mobilità più sostenibile, i quesiti rimasti aperti sono numerosi. Il mondo automotive è davvero pronto all’elettrificazione completa in tempi così stretti? Quali sono i possibili scenari che si delineeranno nel prossimo futuro? Proviamo a fare il punto in questo articolo.
SOMMARIO
- LA DIRETTIVA EUROPEA
- IL TEMA DELLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
- LE LEVATE DI SCUDI
- LA FOTOGRAFIA DELL'ITALIA
- LA CORSA ALL'ELETTRICO
LA DIRETTIVA EUROPEA
Le notizie si susseguono incessanti da tempo e il tema è sulla bocca di tutti da mesi, per non dire anni, ma è sempre bene iniziare con un breve riepilogo prima di addentrarsi nelle riflessioni. Lo scorso 7 giugno, l’Europarlamento ha detto sì allo stop alle vendite delle auto a combustione interna – vale a dire le vetture alimentate a diesel, benzina, GPL, metano e le ibride – a partire dal 2035. La maggioranza non era affatto scontata: i voti favorevoli sono stati 339, quelli contro 249 contro (oltre a 24 astenuti). La proposta, avanzata dalla Commissione Europea, è uno dei perni del piano Fit for 55 dell’UE, un pacchetto di proposte legislative che aggiorna e riformula alcune normative europee per raggiungere gli obiettivi climatici del Green Deal entro il 2030. Tra questi, l’impegno a ridurre le emissioni di gas serra del 55% e raggiungere la completa decarbonizzazione entro il 2050.
L’iter legislativo cui il testo sarà sottoposto prima dell’eventuale approvazione definitiva è però ancora tortuoso e dovrà superare il confronto tra le commissioni competenti del Parlamento, il Consiglio, la Commissione e i governi degli Stati membri, con la decisione finale stimata per l’autunno.
IL TEMA DELLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
La matrice del testo è chiaramente di impronta sostenibile. Che il mondo dei trasporti gravi sull’ambiente è cosa nota e ingiusta: il settore è infatti accusato di essere responsabile del 27-29% delle emissioni globali di gas serra (fonte: BloombergNEF, dato basato sull’Europa e gli Stati Uniti). Dal punto di vista ambientale, l’elettrico vince infatti a mani basse rispetto alla controparte a combustione interna: secondo alcuni studi, nel loro ciclo di vita, le auto elettriche emettono tre volte meno CO2 dei modelli a benzina e gasolio. I nodi da sciogliere, tuttavia, non mancano e la vera svolta “ambientale” non potrà avvenire se non si ricorrerà esclusivamente (o per la maggior parte) a fonti di energia rinnovabile per la ricarica delle auto. Senza trascurare il tema della produzione e dello smaltimento delle batterie, processi che non di certo lesinano sulle emissioni.
LE LEVATE DI SCUDI
Tra i primi detrattori della normativa troviamo i sindacati e le associazioni del comparto. Dal punto occupazionale, infatti, le stime sono tutt’altro che rosee: l’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) sostiene che siano più di 70mila posti di lavoro a rischio nel settore in Italia, in particolar modo riguardanti la produzione di componenti che con l’elettrico non serviranno più, come pistoni, cilindri e iniettori. Si tratta di perdite che, per l’associazione, non saranno compensate dalle nuove professionalità legate all’elettrificazione dei veicoli e che si moltiplicano se estese agli altri Paesi membri.
Non sorprende l’ondata di diffidenza che ha travolto molti degli Stati membri, con l’Italia capofila. La richiesta di fondo delle autorità governative tricolore schieratesi contro verte su un passaggio più graduale all’elettrificazione di “massa” e un allungamento delle tempistiche. L’Italia sarebbe infatti pronta ad avanzare la richiesta di far slittare lo stop al 2040, cinque anni dopo il termine previsto dall’UE, e a portare alto il nome della neutralità tecnologica, un approccio flessibile che consideri le diverse tecnologie disponibili – senza verticalizzazioni sull’elettrico – per abbattere le emissioni di CO2.
Anche la Germania si è detta in disaccordo con le direttive europee, pur senza trascurare il ruolo centrale nella transizione ecologica e nell’impulso alla mobilità elettrica ricoperto finora, e intenzionata a mantenere la vendita dei propulsori a combustione interna dopo il 2035, a patto che siano alimentati con combustibili sintetici.
LA FOTOGRAFIA DELL’ITALIA
L’Europa mette al bando i motori endotermici, ma gli automobilisti sono davvero pronti a dir loro addio? I dati pubblicati sul portale dell’Ecobonus scattano una fotografia eloquente della situazione: i 170 milioni di euro messi a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico per l’acquisto di vetture con motori a combustione interna sono terminati in tre settimane dall’avvio delle prenotazioni. Gli italiani sono ancora attaccati al motore a scoppio, dunque, un legame che non si indebolisce neanche di fronte all’impennata dei prezzi del carburante, l’emergenza climatica e le recenti intenzioni europee (sebbene, al momento, l’Europarlamento non avesse ancora legiferato). E che viene ulteriormente rinsaldato dai costi ancora elevati delle vetture elettriche e dai limiti infrastrutturali dell’ecosistema di ricarica.
Un arco temporale breve, ma leggermente dilatato rispetto alle attese, che segna sì il favore dell’endotermico sull’elettrico, ma che potrebbe incarnare anche un ulteriore segnale di affaticamento del mercato. Dopotutto il comparto automotive è tutt’oggi vessato da fenomeni quali lo strascico della pandemia, la crisi dei chip, il rallentamento della produzione e l’innalzamento dei costi delle materie prime e dell’energia, tutti motivi per cui l’anno in corso è iniziato in salita e sta procedendo a rilento, con numeri piuttosto scoraggianti (in Europa, a maggio, le immatricolazioni sono calate dell’11,2% rispetto allo stesso periodo del 2021, secondo i dati di ACEA).
Dal canto suo, il pacchetto climatico dell’Europa promette misure che facilitino la produzione e la vendita dei veicoli a batteria o a idrogeno, come l’ampliamento dell’infrastruttura di ricarica, l’installazione di colonnine ogni 60 chilometri, l’aumento delle tassazioni sui carburanti e la riduzione di quelle legate all’elettrico. Obiettivi chiaramente ambiziosi e difficili da raggiungere così a stretto giro, ma che potrebbero iniettare nuova linfa nel comparto elettrico.
LA CORSA ALL’ELETTRICO
La corsa all’elettrico delle cause automobilistiche ha preso il via ben prima del semaforo verde dell’Europarlamento, mossa chissà da istinti previdenziali e dalla spinta all'innovazione: è infatti già da qualche tempo che i produttori hanno fiutato uno scenario simile e si stanno preparando a un futuro ventaglio 100% elettrico. Volkswagen, ad esempio, aveva deciso di elettrificare il parco ben prima della direttiva, con Audi e Ford pronte a produrre solo modelli a batteria dal 2026; storia simile per BMW, intenzionata a mettere la spina al 50% del parco auto entro il 2030, anno in cui Volvo promette di diventare un marchio di sole auto elettriche. Anche Stellantis, fra otto anni, proporrà un listino interamente green.
Tra i vantaggi di questo obiettivo condiviso figurano le conseguenze a cui porterebbe l’aumento della concorrenza, in primis una maggior competitività dei prezzi, che smusserebbe gli angoli appuntiti di una categoria notoriamente “affilata” dal punto di vista economico. Per l’agognata auto elettrica democratica, che si aggiri intorno ai 20.000 euro, ci sarà tuttavia ancora da aspettare. Ma non troppo: Volkswagen ha già annunciato di voler lanciare diversi modelli a costi più accessibili rispetto agli attuali in circolazione.
I presupposti, dunque, ci sono, ma i nodi da sciogliere sono ancora numerosi e, per poter accedere a un quadro preciso della situazione, bisognerà seguire gli ulteriori sviluppi della faccenda. L'appuntamento è ai prossimi incontri in sede europea, di cui vi racconteremo, come sempre, su HDmotori.
VIDEO
https://youtu.be/7dKlr2ypmXc
Altre fonti consultate per la stesura dell'articolo: