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Le case automobilistiche chiedono di rivedere lo stop ai motori termici del 2035

L’UE allenterà uno dei capisaldi del Green Deal?

Le case automobilistiche chiedono di rivedere lo stop ai motori termici del 2035
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Daniele Di Geronimo
Daniele Di Geronimo
Pubblicato il 26 nov 2025

Solo ieri registravamo le ultime parole di John Elkann sulla necessità di rivedere le regole dell’Unione Europea sullo stop alla vendita delle nuove auto con motori benzina e diesel dal 2035. Il prossimo 10 dicembre verrà presentato il nuovo pacchetto di misure per il settore auto che, stando alle ultime indiscrezioni, potrebbe ammorbidire quel divieto, approvato solamente nel 2023. In questi due anni molte cose sono cambiate (dalla guerra sui dazi alla crescita dei marchi cinesi, passando per tutte le criticità interne del settore automotive europeo). Un insieme di fattori che ha fatto emergere numerose difficoltà nella transizione verso l’elettrico. Tutti i principali costruttori europei, da Volkswagen a Renault, passando per Stellantis e Mercedes, hanno registrato un rallentamento della domanda, una competizione sempre più aggressiva da parte dei marchi cinesi e un quadro economico europeo poco favorevole.

Aspettative elevate in pochi anni ridimensionate

Inizialmente le aspettative sull’elettrificazione erano molto elevate con diverse case automobilistiche che avevano fissato obiettivi decisamente ambiziosi per il 2030, sia in termini di vendite sia di capacità produttiva. Ma a distanza di soli pochi anni, molte di quelle promesse sono stato del tutto o in parte ridimensionate.

Volkswagen, che inizialmente puntava a costruire sei gigafactory in Europa per raggiungere una capacità produttiva di 240 GWh, ora prevede solo tre impianti, con un obiettivo massimo di 200 GWh tra Europa e Nord America. La quota di auto elettriche sul totale delle vendite è di circa l’11%.

BMW, che intendeva raggiungere il 50% di vendite full electric entro il 2030, conferma il target ma lo vincola all’andamento del mercato. Attualmente, la sua quota di auto elettriche è ferma al 18%. Mercedes, invece, pur mantenendo l’intenzione di puntare al 100% di vendite di auto elettriche entro il 2030 nei mercati più avanzati, ha ammesso che i motori termici resteranno in gamma ancora per diversi anni. Anche Stellantis, inizialmente determinata a produrre solo auto elettriche in Europa entro la fine del decennio, ha annunciato che rivedrà i propri obiettivi nel 2026, all’interno di un nuovo piano industriale.

Le ragioni del ridimensionamento

A spiegare in parte perché quelle ambizioni non si sono realizzate ci sono diversi elementi. I costi dell’energia restano alti, in particolare in Germania, mentre l’infrastruttura di ricarica è ancora insufficiente in molte aree, soprattutto nell’Europa centrale e orientale. Secondo i dati dell’Associazione europea dei costruttori di automobili (ACEA), nei primi dieci mesi del 2025 le auto elettriche hanno raggiunto una quota di mercato del 16%, in crescita rispetto al 13% dell’anno precedente, ma ancora lontana dagli obiettivi iniziali.

La regolamentazione approvata a marzo 2023 prevedeva che, a partire dal 2035, tutte le nuove auto immatricolate nell’Unione Europea dovessero essere a zero emissioni. Una decisione che è stata presa in un momento molto diverso da quello di oggi, in cui la transizione sembrava facilmente raggiungibile. Oggi, però, le stesse aziende che avevano sposato con entusiasmo quella visione chiedono una maggiore flessibilità. In particolare, spingono per il riconoscimento dei carburanti a impatto neutro sul piano della CO2, come i biocarburanti, come alternativa valida per continuare a utilizzare i motori a combustione interna. Si chiede inoltre di tenere in considerazione anche le soluzioni ibride e i modelli con range extender, anziché affidarsi esclusivamente alla propulsione elettrica.

Un difficile equilibrio

In questa situazione in cui tutti rivendicano le proprie ragioni, diventa estremamente complicato trovare un equilibrio. Se è vero che la politica ha il compito di gestire e supportare un settore fondamentale come quello automotive, è altrettanto vero che le scelte sulle strategie delle case automobilistiche che nel corso degli anni si sono rivelate sbagliate non possono non avere conseguenze. Il possibile ridimensionamento delle norme europee, per quanto a questo punto inevitabile, rischia comunque di rappresentare un segnale di debolezza per il mercato internazionale. Un mercato che in questi anni, al netto di tante differenze di cui tenere conto, ha saputo innovare e andare avanti. Di certo c’è che dalle scelte europee dipenderanno non solo i piani industriali delle singole case automobilistiche, ma anche il futuro stesso di uno dei settori più strategici per l’intera economia del Vecchio continente.

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