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L’accordo sui dazi tra USA e UE trova d’accordo le case automobilistiche tedesche

I dazi passano dal 27,5% al 15% e per molte case automobilistiche è una boccata d'ossigeno.

L’accordo sui dazi tra USA e UE trova d’accordo le case automobilistiche tedesche
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Daniele Di Geronimo
Daniele Di Geronimo
Pubblicato il 28 lug 2025

Il recente accordo tra USA e Unione Europea sui dazi per il settore auto (che passano dal 27,5% al 15%) è stato accolto positivamente, seppur con alcune sottolineature, da parte delle principali case automobilistiche tedesche. Un’analisi suggerisce la possibilità che questo accordo possa generare un beneficio da 4 miliardi di euro per le case automobilistiche europee, ma non mancano le criticità.

Il bicchiere mezzo pieno

L’industria automobilistica tedesca ha accolto con favore il nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea in quanto la riduzione dei dazi rappresenta una boccata d’aria importante per l’intero settore. Le case automobilistiche europee possono (forse) ritrovare una certa stabilità dopo i recenti mesi di minacce sull’aumento dei dazi che hanno aumentato l’instabilità in un settore da tempo coinvolto da diverse difficoltà.

Tra le prime a commentare l’accordo c’è stata Mercedes-Benz che ha sottolineato l’importanza di proseguire nel dialogo transatlantico, auspicando ulteriori passi verso la riduzione delle barriere doganali. Secondo il gruppo, la cooperazione tra Unione Europea e USA è fondamentale per la crescita sostenibile del settore.

Anche il Gruppo Volkswagen ha espresso apprezzamento per l’accordo, definendolo un passo importante verso una maggiore sicurezza nella pianificazione industriale. Tuttavia, il gruppo ha chiarito che resta in attesa di ulteriori dettagli sull’intesa per valutarne appieno i contenuti e gli effetti a lungo termine. Dello stesso parere BMW e altri marchi europei, che secondo le analisi dovrebbero ottenere un beneficio di circa quattro miliardi di euro grazie alla nuova intesa.

In particolare, BMW e Mercedes continueranno a beneficiare delle esenzioni sui dazi per circa 185.000 veicoli esportati ogni anno dalle rispettive fabbriche statunitensi, un vantaggio competitivo che non è condiviso da tutti. Audi, per esempio, si trova in una posizione meno favorevole, non avendo ancora stabilimenti di produzione negli Stati Uniti. Il marchio ha fatto sapere di essere ancora in fase di valutazione rispetto agli effetti del nuovo quadro tariffario e potrebbe decidere entro l’anno se aumentare la propria presenza industriale sul territorio americano, sfruttando anche le sinergie produttive con il Gruppo Volkswagen.

Il bicchiere mezzo vuoto

In molti hanno salutato l’accordo in maniera positiva, ma non mancano certamente le criticità. La stessa premier italiana Giorgia Meloni, registrando positivamente l’aver evitato il rischio di una guerra commerciale, ha dovuto annunciare misure di sostegno per i settori che risentiranno dei dazi (che non riguarda soltanto il settore auto).
Più critica, invece, la presidente dell’associazione dell’industria automobilistica tedesca, Hildegard Mueller, che ha dichiarato che l’accordo rappresenta senza dubbio un passo avanti, ma non è esente da costi. Secondo Mueller, il nuovo dazio al 15% comporterà comunque oneri miliardari per le imprese del settore, proprio in un momento in cui si stanno affrontando grandi investimenti per la transizione all’elettrico. La dirigente ha inoltre sottolineato come sarà decisivo comprendere in che modo l’accordo sarà strutturato e, soprattutto, quanto sarà affidabile nel tempo.


L’associazione dei concessionari tedeschi, la ZDK, ha evidenziato che il nuovo dazio finirà per pesare sui consumatori americani, aumentando i prezzi e riducendo la varietà dell’offerta. Il presidente Thomas Peckruhn ha messo in guardia sui possibili effetti a catena. Se, infatti, i produttori decidessero di ritirarsi parzialmente dal mercato statunitense o di rivedere i volumi di produzione, ci sarebbero ripercussioni anche in Europa, con un impatto diretto su disponibilità, tempi di consegna e diversificazione dei modelli. L’accordo raggiunto tra Washington e Bruxelles è stato salutato da molti come un risultato positivo, soprattutto in confronto agli scenari peggiori paventati nei mesi scorsi. Va però ricordato che la nuova tariffa resta ancora lontana dal livello precedenti la politica commerciale di Donald Trump, quando il dazio sulle importazioni auto si fermava al 2,5%. Per le case europee, si tratta quindi di un miglioramento, ma a fronte delle minacce di percentuali più alte non rispetto alla realtà da cui il settore proviene.

Molto dipenderà dalla concreta applicazione dell’intesa e dalla sua durata nel tempo. In un settore segnato dalla necessità di investimenti strutturali per l’elettrificazione e la digitalizzazione, anche un singolo punto percentuale nella struttura dei costi può fare la differenza. Ecco perché, nonostante il clima di cauto ottimismo, l’industria automobilistica europea attende con attenzione i dettagli definitivi dell’accordo, consapevole che solo una visione a lungo termine potrà riportare stabilità e competitività. Da questo punto di vista non bisogna dimenticare, per quanto non rientra in un arco temporale immediato, che la politica dei dazi è legata prevalentemente all’amministrazione Trump. Il presidente degli Sati Uniti, però, terminerà il suo mandato tra tre anni e (salvo clamorose modifiche costituzionali) non potrà ottenere un nuovo incarico. Questo significa che nel 2029-2030 chi gli succederà potrebbe cancellare o quantomeno modificare al ribasso i dazi.

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