Carburante sostenibile per l’aviazione, serve il supporto dei governi mondiali
Il SAF stenta a prendere piede fra le compagnie aeree, nonostante l’intenzione di queste ultime di usarlo; un’iniziativa anglosassone ne chiede l’adozione a livello mondiale
Il carburante sostenibile per l’aviazione, il SAF, stenta a decollare; nonostante le buone intenzioni delle compagnie aeree e la presenza di diverse società che lo producono, il suo uso non è ancora arrivato a una diffusione significativa e, se le cose non dovessero cambiare, la sua filiera potrebbe non svilupparsi mai.
Nel Regno Unito, intanto, il nuovo governo laburista ha annunciato l’intenzione di introdurre una garanzia di prezzo, per incentivare i produttori ad aprire più impianti e costruire infrastrutture che ne aiutino la diffusione.
Iniziative utili, ma che potrebbero non essere sufficienti.
IL PALLEGGIO FRA PRODUTTORI DI SAF E COMPAGNIE AEREE
Al momento c’è una situazione di stallo che dura da diverso tempo, con le compagnie aeree che, come abbiamo detto, si dichiarano favorevoli all’utilizzo del SAF per alimentare i loro velivoli (inizialmente miscelato al carburante tradizionale, fino al suo uso esclusivo) e le aziende produttrici che denunciano l’impossibilità di vendere il SAF in guadagno piuttosto che in perdita.
Secondo le società chimiche, il problema di fondo non è lo scarso interesse di Lufthansa e altre aziende del settore (anzi) ma il loro rifiuto a pagare il prezzo pieno del carburante sostenibile, che ad oggi è circa 5 volte più caro della contro parte tradizionale.
Questa situazione di stallo minaccia di soffocare sul nascere la filiera per la produzione e la distribuzione del SAF, perché nulla spaventa gli investitori più dell'incertezza riguardo al loro ROI, ovvero il tempo di recupero dei capitali investiti.
Reuters, in un articolo dedicato alla questione, ha citato l'esempio di Shell, che recentemente ha annunciato la sospensione dei lavori di costruzione per il suo polo produttivo di Rotterdam dedicato ai SAF.
La decisione ha allarmando i sostenitori dell'ambiente. Anche con un maggiore sostegno da parte del governo, ci vorranno anni per costruire nuovi impianti, per non parlare di iniziare a produrre ampie forniture di SAF.
Secondo alcuni sostenitori dell'uso dei carburanti sostenibili, a smuovere le acque, facendo decollare la filiera del SAF potrebbero e dovrebbero essere i governi, ma non con iniziative locali, ma con decisioni adottate a livello globale.
UNO SVILUPPO CHE NON DECOLLA
In questo scenario, l’iniziativa inglese appare lodevole, ma sostanzialmente inutile, perché non basterà a sbloccare la situazione di stallo che abbiamo descritto prima.
Ad aggravare uno scenario già sconfortante, la dead line stabilita dallo stesso settore dell’aviazione, che al 2030 intende avere solo flotte alimentate esclusivamente a SAF.
Al momento, lo ricordiamo, tutti gli aerei sono in grado di funzionare col carburante sostenibile, ma solo se miscelato con quello tradizionale in un rapporto 50:50.
La volontà del settore per un uso esclusivo del SAF comporta – chiaramente – la produzione di velivoli diversi, con spese da dover sostenere per cambiare l’intera flotta; tuttavia, anche qui c’è uno stallo, perché nessuna azienda intende costruire aerei che rischia di non poter vendere.
Alla base, l’impasse che abbiamo descritto prima: il carburante in potenza c’è e c’è anche il compratore, ma il mancato accordo sul prezzo di compravendita blocca tutto.
Julie Kitcher, responsabile della sostenibilità di Airbus, ha delineato perfettamente il nodo del problema, spiegando:
Si tratta davvero di un ritorno alle origini… si tratta di attraversare la catena del valore dell'intero sistema aeronautico, con tutti gli attori coinvolti che ne prendono una parte, perché senza questa coesione non arriveremo mai a raggiungere i nostri obiettivi.