Lasciato a terra da WizzAir: viaggio in aereo e treno fuori dall'Europa e (forse) ritorno
Un viaggio al di fuori dall'Europa e dell'area Shengen e la cronaca delle difficoltà in treno e aereo ai tempi del coronavirus.

Mentre scrivo quest'introduzione mi trovo a Kiev, è l'una di notte e il locale si chiama Mister Cat, l'unico che permette ai clienti di sedersi al tavolo in una città dove la quarantena ha imposto il take-away come qualche mese fa in Italia.Tutti gli altri locali hanno una sedia davanti alla porta con menu e POS per pagare tramite carta o smartphone…perché a Kiev (e non solo), nessuno si fa problemi se paghi 0,67€ con Google Pay.
Davanti a me una notte insonne da nomade digitale forzato all'esilio dagli eventi, una cena troppo tardiva, due birre, tanti caffé e il foglio bianco che pian piano si riempie di parole, in risposta all'ultima avventura di Gabriele.
Un giorno dopo la partenza e il viaggio descritti in questo articolo, è il mio turno di affrontare un itinerario un po' diverso che mi porterà fuori dall'Europa, Bielorussia e Ucraina sono solo due esempi, e include un pizzico di WizzAir (uno su quattro voli), pizzico che però diventerà causa scatenante di una serie di complicati eventi…tanto per cambiare.
Il forse del titolo è chiaramente inutile, ma avendo iniziato a scrivere questo articolo prima di sapere se ce l'avrei fatta, ho deciso di lasciarlo. Non massacratemi…se potete
TI CONOSCO, MASCHERINA
La partenza è la stessa, Malpensa, con una piccola-grande differenza rispetto all'esperienza di Gabriele: se la sua storia inizia con un imbarco ordinato, dove il personale di terra fa rispettare le distanze, la mia racconta di quella zona dell'aeroporto situata oltre al varco passaporti extra-UE ed extra-Shengen, la terra di nessuno.
Superati i gabbiotti ci si trova di fronte a servizi ridotti rispetto al resto del terminal e soprattutto ad un imbarco casuale ad imbuto…insomma, controlli zero e assembramenti esattamente come prima del coronavirus. A bordo dell'aeromobile indossiamo tutti la mascherina (chi meglio, chi peggio) ma il distanziamento sociale è nullo. I due voli (Milano-Minsk, Minsk-Kiev) viaggiano al massimo della capacità e nessuno mi impedisce di mettere nella cappelliera il mio zaino, così come nessuno impedisce ai passeggeri di posizionare i trolley.
Eh sì, siamo stati fessi in due: esattamente come Gabriele ho lasciato a casa il mio comodo trolley e creato uno zaino dalla densità di una stella morente in previsione della normativa ENAC che non è stata fatta rispettare. Perché quello che succede fuori dallo Spazio Shengen, resta fuori Shengen, anche se il volo parte dall'Italia. In compenso ho potuto forgiare Stormbreaker…
Il ritorno avviene da Kiev e non da Zaporižžja come avrebbe dovuto essere; con Belavia e non con WizzAir come preventivato…ma di questo ve ne parlo più avanti. L'aeroporto è quasi completamente deserto e con le luci spente, all'ingresso mi misurano la temperatura, ripetendo poi l'operazione al controllo passaporti.
Dispenser di gel disinfettante? Pochi, ne ho contati un paio e Malpensa vince a mani basse in questo, posizionandoli quasi ad ogni angolo. Mascherine obbligatorie ma nessuno riprende chi le toglie superato il varco iniziale. Posti separati al gate ma nessuno a controllare chi sposta le bandelle bianco/rosse per sedersi comunque.
Sbarco a MInsk: sto viaggiando da ormai da 13 ore tra treno, Uber (in totale solo uno dei quattro autisti indossava la mascherina nonostante le indicazioni dell'app), piedi e aereo.
L'uscita dall'aereo è casuale come l'ingresso, non a file. La scaletta è presidiata da un'addetta con scanner termico, la navetta è una sola per l'intero aereo, siamo assembrati ma non troppo.
Durante il volo ho compilato un documento da consegnare alle autorità bielorusse, ma non lo consegnerò mai perché non mi fermerò nel Paese, uno spreco inutile di carta e di inchiostro.
Arrivati a Minsk la scena si ripete, imbarco casuale, autogestito e senza alcuna direzione, trasporto in navetta e di nuovo a bordo. Questa volta il personale sembra agitato: dopo che tutti i passeggeri sono entrati con trolley al seguito, lo speaker annuncia che i bagagli da cabina di questo tipo dovranno essere rimossi dalle cappelliere e posizionati in stiva. Piccolo assembramento per eseguire questa operazione e si parte su un aereo quasi vuoto.
Sono le 11.10, sono in volo e, dopo 18 ore di viaggio (sveglio da più di 24), finalmente riesco ad addormentarmi…ma solo per poco: neanche mezz'ora e vengo punzecchiato con insistenza dal personale di bordo che vuole assolutamente farmi compilare in quel momento ben due autodichiarazioni, non sapendo che avevo già preparato tutto quanto.
Il vantaggio è che tirare giù i santi a questa altezza richiede meno sforzo. Ormai sveglio, scrivo queste righe, mangio i due tramezzini al gusto scarpa, bevo l'acqua Aqua e mi rassegno a proseguire il viaggio come uno zombie.
E ALLA FINE…LA DOGANA
La dogana evidenzia le debolezze di un sistema Italia burocratizzato e in deficit di personale, che non solo mostra il fianco, ma addirittura lo scopre e ci disegna sopra un bersaglio con scritto "colpire qui". Ogni distanziamento sociale sparisce, l'area si riempie di persone di qualsiasi nazionalità con i motivi più disparati per voler entrare, inclusi quelli che poi li costringeranno alla quarantena. Tutti rimbalzano da una parte all'altra, i segnali di distanziamento sul pavimento sono presenti solo nella parte più vicina ai gabbiotti, come se in un aeroporto internazionale transitassero solo dieci persone ogni ora.
La Polizia è in numero ridotto: due persone in due postazioni dove confluiscono i passeggeri comunitari ed extra-comunitari: dietro di me lunghe code e assembramenti incontrollabili. A contorno, interpreti di ogni lingua – in questo il sistema Malpensa si dimostra molto preparato – corrono da una parte all'altra per assistere chi non parla italiano nella compilazione dei moduli. Moduli che poi, nonostante questo sforzo, vengono compilati male con parti mancanti che costringono ad ulteriore perdita di tempo i due addetti della Polizia che devono guidare il passeggero straniero nel riempire i vuoti.
A nulla è servito compilare i fogli durante il volo: quello che la compagnia aerea ha trattenuto era in realtà quello da presentare alla dogana, gli addetti si stupiscono e non possono fare altro che fornire ulteriori documenti, con ulteriore passaggio di mano di penne che, se ricordiamo l'episodio della saliera in Germania alla mensa di Webasto, fa rabbrividire in termini di potenziale contagio.
Capita poi che qualcuno non abbia un indirizzo di residenza e quindi non possa specificare dove passerà la quarantena: a quel punto l'interprete chiama il contatto italiano dello straniero di turno per chiedere, sulla fiducia, un indirizzo da inserire.
Agli occhi di un profano quale sono, risulta chiaro i controlli non potranno esserci, il volume in ingresso è alto, le dichiarazioni non vengono verificate e i fogli si accumuleranno in qualche archivio in attesa di essere, prima o poi, processati.
Manca completamente qualsiasi distinzione per chi è cittadino italiano, e quindi potrebbe entrare con una corsia più snella e tempi più ridotti. Non perché esistano esseri umani di serie A (gli italiani in questo esempio per assurdo) e di serie B (tutti gli altri), ma semplicemente perché non ci si portano dietro tutta una serie di lungaggini, dalla correttezza della compilazione ai problemi di scarsa conoscenza burocratica da parte degli extra-comunitari che approcciano l'ingresso in zona di frontiera.
Tutto questo in un contesto dove è chiaro che il distanziamento sociale non può funzionare, non ci sono le forze, non c'è chi gestisce la fila, ormai assente e informe, ci sono pochi ufficiale di polizia che per il controllo di passaporto e modulo.
UN VIAGGIO IN TRENO: UCRAINA VS ITALIA
Dnipro-Kiev, 480 chilometri. Roma-Milano, 570 chilometri (per la prova di Mazda MX-30). Un viaggio paragonabile tra due grandi città di due Paesi diversi, con la sola differenza che in Italia abbiamo l'immensa fortuna di poter contare sull'alta velocità e fare in metà del tempo un viaggio che in Ucraina impiega il doppio per una distanza maggiore.
L'occasione di prendere due treni "ai tempi del coronavirus" è stata quella che ha confermato la grande disparità di trattamento del trasporto su rotaia rispetto a quello aereo. Sia l'Italia che l'Ucraina hanno infatti applicato restrizioni ferree per i treni, con il distanziamento sociale imposto dall'obbligo di mantenere il posto accanto libero (dimezzando la capacità) oltre alle solite mascherine obbligatorie.
Insomma, sui treni il distanziamento funziona e questo rende le rotaie la scelta migliore, da valutare ovviamente in base all'itinerario e da considerare come possibile alternativa (abbastanza) sicura all'auto.
CONSIGLI DELLA NONNA
Come sono passato a dover cambiare i piani di viaggio con un preavviso di meno di 36 ore? Presto detto: WizzAir ha cancellato il secondo volo di seguito. Tutto nasce con la prima prenotazione, il volo Zaporižžja-Vienna di WizzAir che mi avrebbe riportato a casa insieme ad un Vienna-Milano di Austrian, con un tempo biblico tra uno e l'altro per avere un cuscinetto a prova di qualsiasi ritardo.
Il 26 giugno WizzAir cancella quel volo ma, cliccando sul link presente nella mail, riesco a cambiare con un Kiev-Vienna. Prenoto un treno notturno per raggiungere Kiev, tiro un sospiro di sollievo, spendo qualcosa in più rispetto a quanto programmato ma tutto sommato apprezzo anche il sistema gestione online che mi permette di ottenere in autonomia il nuovo biglietto WizzAir allo stesso costo del precedente e con la medesima destinazione, pur da una città a più di 500 km di distanza da quella iniziale.
Nel pomeriggio del 30 giugno, però, anche il volo Kiev-Vienna sparisce dalla programmazione: cancellato. A questo punto diventa impossibile riprogrammare, chiedo il rimborso tramite lo stesso sito ma la pratica non esiste più e ad oggi non ho neanche il voucher. Contatto l'assistenza e chiedo anche dell'ufficio stampa, nessuna risposta.
Perdo quindi 100€ per i biglietti (WizzAir cancellato + Austrian che non potrò utilizzare), spendo il triplo per i nuovi voli Belavia la mattina del 2 luglio, cambio il treno per Kiev dal notturno al serale e…tornate ad inizio articolo per trovarmi in un locale ad attendere l'apertura dell'aeroporto.
Ipotizzare le cause di queste cancellazioni è facile: in principio si pensava che l'Europa avrebbe aperto i confini dal primo luglio, così le compagnie si sono precipitate a vendere voli per fare cassa sfruttando il richiamo di quella data. Successivamente l'Ucraina (insieme ad altri) è stata esclusa dalla prima lista di Paesi, e rimandata alla prossima valutazione. Indovinate qual è il prossimo volo prenotabile dall'Ucraina con WizzAir? Proprio quello del 16 luglio.
Qui sta il giochino delle compagnie aeree: in un clima di incertezza, piazzano voli strategici per quelle date ritenute probabili, l'1 luglio così come il 16 visto che le liste, come da recenti dichiarazioni,saranno aggiornate ogni due settimane.
Pur tecnicamente in grado di volare, i voli per motivi di urgenza, salute o lavoro non si sono mai fermati ed esiste proprio per quello l'autodichiarazione, le compagnie più furbe preferiscono fare cassa e poi cancellare tutto qualora non si raggiungesse un numero di passeggeri tale da confermare la convenienza.
Nell'affrontare il viaggio avevo già messo in conto difficoltà ed imprevisti: mi ritengo ormai un viaggiatore esperto, con le spalle coperte e soprattutto robuste per affrontare le emergenze. Se però avete intenzione di spostarvi in qualche Paese ancora incerto, il consiglio della nonna è quello più banale, spendete di più fin dall'inizio e solo se il viaggio è fondamentale, altrimenti sarete pedine in balia del gioco delle low cost che in questa fase hanno vita ancora più facile, dimenticandosi che senza i passeggeri non esisterebbero neanche…