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Il premier spagnolo scrive all'UE: no a passi indietro sullo stop ai motori termici dal 2035

In vista delle imminenti decisioni della Commissione europea, per Sanchez tornare indietro sarebbe un errore strategico.

Il premier spagnolo scrive all'UE: no a passi indietro sullo stop ai motori termici dal 2035
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Daniele Di Geronimo
Daniele Di Geronimo
Pubblicato il 15 dic 2025

La giornata di domani, 16 dicembre, potrebbe essere quella in cui in un modo o nell’altro si dovrebbe concludere la fase di incertezza che ha accompagnato il settore auto negli ultimi mesi. La Commissione europea, infatti, potrebbe presentare il nuovo pacchetto di misure per il settore auto che, stando alle ultimissime indiscrezioni, sembrerebbe essere orientato alla revoca dello stop alla vendita delle vetture endotermiche. Nessun rinvio al 2040, quindi, ma un approccio più flessibile sul quale anche l’Italia avrebbe avuto un ruolo di primo piano.

Sono molti i contrari a questa prospettiva, non ultimo il Primo Ministro spagnolo Pedro Sanchez che, in una lettera indirizzata alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ha chiesto con fermezza di non fare passi indietro rispetto all’impegno originario. Secondo il leader spagnolo, modificare la misura significherebbe mettere a rischio migliaia di posti di lavoro, rallentare gli investimenti già avviati nella transizione elettrica e minare la credibilità dell’Unione nella corsa verso una mobilità sostenibile.

La proposta di Sanchez

Secondo fonti raccolte da Reuters, Bruxelles starebbe valutando l’ipotesi di attenuare il divieto trasformandolo in un obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni di CO2 per le flotte automobilistiche, anziché imporre il passaggio ai veicoli a zero emissioni.

La lettera del Primo Ministro Spagnolo sottolinea come ogni ulteriore flessibilità rischierebbe di frenare i piani di ammodernamento industriale, proprio in un momento in cui la domanda di veicoli elettrici sta attraversando una fase di rallentamento. Per evitare questa battuta d’arresto, Sanchez propone di rafforzare il fronte europeo con strumenti aggiuntivi, come un’etichetta “green” per premiare l’utilizzo di acciaio a basse emissioni e un requisito minimo di contenuto manifatturiero europeo all’interno dei veicoli.

Un’Europa frammentata

La decisione cui sarà chiamata la Commissione europea riflette, al di là di quelle che saranno le conclusioni, l’assenza di politica realmente unitaria. Germania e Italia, per esempio, stanno spingendo per una revisione del bando, sostenendo che le imprese europee faticano a reggere il confronto con la concorrenza cinese e temendo che la transizione forzata all’elettrico possa danneggiare il settore. Altri Paesi, come Francia e Spagna, sono invece contrari a questo approccio più flessibile.

Anche tra le case automobilistiche le posizioni non sono univoche. Alcuni marchi storici come Mercedes-Benz e BMW chiedono maggiore flessibilità, mentre case automobilistiche come Volvo Cars dichiarano di sentirsi tradite da un’eventuale marcia indietro, dopo aver già investito massicciamente nella riconversione elettrica della produzione.

La decisione della Commissione europea sarà un segnale chiave su come l’UE intende gestire l’equilibrio tra la volontà dell’Europa di affermarsi come polo tecnologico e produttivo per la mobilità del futuro e la necessità di fare i conti con la realtà di un mercato complesso, scosso dalla concorrenza asiatica e, soprattutto, dai ritardi nella costruzione di una rete infrastrutturale adeguata.

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