Il CEO di BMW definisce un errore il bando dei motori a combustione entro il 2035
In un’intervista Zipse critica lo stop al 2035 e rilancia sui carburanti green e la responsabilità dell’intera filiera produttiva.

Continuano le tensioni e le polemiche intorno alla data del 2035 scelta dall’Unione Europea per lo stop alla vendita di veicoli con motore endotermico. Le difficoltà del settore automotive europeo sono ben note tanto che il mese scorso le associazioni dei costruttori e dei fornitori europei hanno scritto alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen chiedendo di rivedere la scadenza del 2035 (e gli step previsti per arrivare a quella data).
All’inizio dell’anno anche l’ex premier Mario Draghi si era espresso sull’argomento criticando le istituzioni europee sulla lentezza nell’adozione delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici. In tutto questo c’è il timore che se gli obiettivi del 2035 non dovessero essere rispettati più di 1 milione di posti di lavoro nella filiera sarebbero a rischio. Ora sulla questione è intervenuto il CEO di BMW, Oliver Zipse, che ha definito un errore strategico il piano dell’Unione.
La posizione di Zipse
In un’intervista, Zipse ha criticato la scelta di fissare una data unica per la transizione energetica, sostenendo che una simile imposizione rischia di trascurare l’intero ciclo di emissioni legate all’industria automobilistica. Secondo il dirigente, infatti, concentrare l’attenzione solo sulle emissioni allo scarico porta a ignorare altri elementi determinanti come l’impatto ambientale della produzione delle batterie o l’origine dei carburanti utilizzati.
Nel corso dell’intervista, Zipse ha sollevato anche un’altra questione spesso sottovalutata nel dibattito sulle politiche green. A suo avviso, è assurdo che attualmente i produttori di carburanti non siano vincolati da obiettivi climatici specifici. Mentre le case automobilistiche sono sottoposte a rigide regole sulle emissioni, gli attori del settore energetico, come Shell e BP, continuano a operare senza limiti chiari in termini di sostenibilità. Da qui l’appello a un cambio di prospettiva, con l’invito ai legislatori europei ad aprire la strada anche a carburanti alternativi a basso impatto ambientale oltre la soglia del 2035. A conferma di questa denuncia vale la pena sottolineare che solo con l’ultima normativa Euro 7 si prende in considerazione l’impatto ambientale derivante dall’usura degli pneumatici, un aspetto che ricorda che l’inquinamento non proviene unicamente dallo scarico dei veicoli.
Le parole di Zipse rispecchiano le tensioni che attraversano l’industria automobilistica europea. Da un lato c’è l’urgenza non solo di accelerare la transizione ecologica per rispondere alle sfide climatiche, ma anche di non rimanere indietro (come già sta avvenendo rispetto ad altri mercati) sul fronte dell’innovazione tecnologica con l’avvento delle auto elettriche. Dall’altro rimane il timore che una regolamentazione troppo rigida e sbilanciata possa compromettere la competitività delle imprese europee, soprattutto rispetto ai concorrenti asiatici. La posizione che emerge non è quella di un rifiuto della transizione, ma una richiesta di approccio più equilibrato, che tenga conto dell’intera filiera e della diversità delle tecnologie disponibili.
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