Crisi Northvolt, cosa può insegnare all’Unione Europea?
La crisi del produttore di batterie può insegnare molto cose all'Europa

Northvolt avrebbe voluto essere un pioniere delle batterie, un simbolo della competitività europea e un esempio di politica industriale fatta bene. L'azienda aveva raccolto 15 miliardi di dollari, di cui 5 miliardi di dollari in finanziamenti pubblici ed era sostenuta da importanti case automobilistiche come Volkswagen. Eppure, come abbiamo visto, qualcosa è andato storto e l'azienda è entrata in crisi. Oltre ad aver predisposto un piano di ristrutturazione Northvolt ha dovuto chiedere anche la protezione ai sensi del "Chapter 11" contro i creditori negli Stati Uniti. Poco dopo, il suo fondatore Peter Carlsson ha annunciato le dimissioni. Perché si è arrivati a questo punto?
LE AMBIZIONI DI NORTVOLT
L'obiettivo di Northvolt era molto chiaro. L'azienda puntava a diventare uno dei punti di riferimento del mercato delle batterie in Europa. Tuttavia, come sottolinea The Economist, la fabbrica principale dell'azienda ha operato ben al di sotto della capacità, portando al crollo finanziario. Lo abbiamo visto diverse volte, le attività produttive erano in ritardo, tanto che BMW aveva deciso di ritirare la commessa dal valore di ben 2 miliardi di euro per la produzione di celle da utilizzare all'interno delle sue auto elettriche.
I motivi che hanno portato questa scenario? Secondo The Economist, l'eccessiva espansione, le inefficienze operative e l'incapacità di competere con i leader asiatici delle batterie come CATL hanno contribuito a fare in modo che l'azienda finisse in crisi. Northvolt puntava decisamente in alto, nonostante la fabbrica principale ancora non riuscisse ad andare a regime. Infatti, aveva già pianificato la realizzazione di ulteriori stabilimenti.
Northvolt si era assicurata oltre 50 milioni di dollari di preordini ma non è riuscita a scalare la produzione in modo efficace, tanto che, abbiamo visto, alcune aziende si sono sfilate. E qui sono iniziati i problemi che hanno portato alla crisi.
UNA LEZIONE IMPORTANTE PER L’EUROPA
Secondo il rapporto, quanto successo dimostra i rischi legati all'eccessiva dipendenza dal sostegno governativo e all'eccessiva fiducia nei "campioni" industriali. Inoltre, il fallimento di Northvolt sottolinea le sfide nella creazione di industrie tecnologiche verdi sostenibili senza solide strategie commerciali.
I Governi hanno speso miliardi per sostenere un'azienda rimasta indietro in un settore critico per le transizioni verso l'energia pulita e questo secondo il rapporto solleva interrogativi sull'ottimizzazione dell'utilizzo dei fondi pubblici per l'innovazione. Chiaramente, l'insuccesso di un progetto fa parte dei rischi quando si lavora in una nuova direzione ma questo dimostra come sia necessario diversificare gli investimenti su più iniziative imprenditoriali e non solamente su alcuni "campioni".
Serve poi creare specifiche partnership strategiche, anche guardando all'esterno. L'Europa potrebbe dover adottare un approccio più globale per recuperare terreno nelle tecnologie pulite. Aziende asiatiche come CATL e LG Energy Solution si stanno già espandendo in Europa, offrendo modelli per lo sviluppo industriale collaborativo. Anziché escluderle, dunque, l'Europa dovrebbe costruire partnership strategiche per sfruttare le loro competenze, ovviamente il tutto dopo aver costituito un solido quadro normativo per garantire gli interessi di sicurezza europei.
In definitiva serve una strategia industriale completa per poter competere in questi nuovi ambiti come del resto aveva detto un certo Mario Draghi nel suo rapporto dedicato alla competitività dell’economia europea.