Automotive e obiettivi climatici, alcuni marchi minacciano la mobilità elettrica
Secondo un recente studio, alcune case automobilistiche stanno ostacolando la transizione verso la mobilità a zero emissioni, mettendo a rischio gli obiettivi climatici globali
La nuova analisi di InfluenceMap (la trovate cliccando su "Fonte" a fine articolo) mette sotto la lente di ingrandimento le “pressioni negative” da parte di alcune delle più grandi case automobilistiche al mondo verso la mobilità sostenibile.
Secondo il report, l’ostruzionismo di questi importanti marchi non solo sta ostacolando la diffusione delle auto elettriche, ma soprattutto mettendo a forte rischio il raggiungimento degli obiettivi climatici stabiliti dagli accordi di Parigi del 2015.
LE LOBBY DEL MOTORE TERMICO
Le case prese in esame nell’analisi sono: Tesla, Mercedes, BMW, Volkswagen, Tata Motors, Ford, Stellantis, GM, Hyundai, Nissan, Renault, Mazda, Toyota, Honda e Suzuki.
Lo studio ha messo in correlazione le politiche climatiche adottate in sette regioni chiave (Australia, UE, Giappone, India, Corea del Sud, Regno Unito, Stati Uniti) e la pressione esercitata da alcune delle case sopra riportate.
Il risultato mostra un sostanziale un indebolimento delle ambizioni climatiche da parte della classe dirigente in seguito all’azione delle “lobby del motore termico”.
Nel dettaglio, 10/15 hanno mostrato un’intensità particolarmente elevata di coinvolgimento negativo e hanno ottenuto un voto finale D o D+ secondo la metodologia di InfluenceMap.
Tutte le quindici società automobilistiche, con l’unica eccezione di Tesla (che è anche l’unica casa 100% elettrica) hanno espresso parere contrario al supporto politico della mobilità elettrica in almeno un caso, fra quelli presi in considerazione.
Inoltre, ognuna delle quindici società analizzate (tranne Tesla) appartiene ad almeno una associazione di categoria, e che la maggior parte di loro sono membri di tutti i gruppi industriali presenti su scala globale.
In Australia, i nuovi standard di efficienza dei veicoli, annunciati nel marzo 2024, sono stati “annacquati” in conseguenza del pugno duro della Camera federale delle industrie automobilistiche (FCAI).
InfluenceMap stima che il risultato finale sarà una semplicemente un taglio delle emissioni del settore pari al 50% entro il 2029, invece – 60% inizialmente proposto.
Negli Stati Uniti, il gruppo industriale Alliance for Automotive Innovation ha promosso con successo la richiesta di indebolire gli standard proposti sulle emissioni di gas clima-alteranti.
Toyota in particolare conferma la sua avversione alla mobilità elettrica a batteria, ottenendo il punteggio più basso nella graduatoria, guidando l’opposizione alle normative sul clima che promuovono le BEV in diverse regioni, tra cui Stati Uniti, Australia e Regno Unito.
LE TRE AZIENDE MAGGIORMENTE PRO ELETTRICO
Solo Tesla, Mercedes Benz e BMW intendono realmente promuovere la mobilità elettrica, producendo abbastanza BEV, da oggi al 2030, da soddisfare gli obiettivi stabiliti dall’Agenzia Internazionale per l’Energia per mantenere il riscaldamento globale entro un aumento di 1,5° C, arrivando al 66% di veicoli a zero emissioni locali.
Le altre dodici case, secondo l’analisi, arriveranno al massimo al 53% di veicoli elettrici prodotti nel 2030, con i marchi giapponesi agli ultimi posti.
Toyota, Suzuki e Mazda stanno dimostrando, secondo i voti assegnati da InfluenceMap, una forte resistenza al cambiamento e alla transizione elettrica, dimostrandosi profondamente impreparate rispetto alle nuove esigenze del mercato automobilistico e della lotta al cambiamento climatico.
NON SOLO LOBBY, ANCHE I SUV METTONO IL CLIMA A RISCHIO
Il settore dei trasporti, come abbiamo sottolineato anche lunedì, parlando dell’Overshoot Day italiano, è uno di quelli più restii a decarbonizzarsi, nonostante la disponibilità della tecnologia necessaria a raggiungere tale obiettivo.
Accanto alla forte pressioni delle lobby del settore, potenziata in Giappone, dove le case locali tentanto di restare a galla puntando ad oltranza sul motore termico, ci sono anche i SUV, o in generale, la costante richiesta di auto private di grandi dimensioni.
Secondo il report, le case automobilistiche aumenteranno la produzione di SUV e autocarri leggeri a livello globale (dal 57% delle vendite globali di veicoli leggeri nel 2020 al 64% nel 2030), spingendo al contempo per normative che ne promuovano la circolazione.
Si stima che il maggior consumo di carburante di queste vetture ha portato a un terzo della crescita totale della domanda di petrolio tra il 2021 e il 2022, segnando un trend preoccupante per la nostra dipendenza dal fossile anche nei prossimi anni.
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