Anfia, bene le indagini sulle auto elettriche cinesi ma arrivano tardi
L'indagine è in ritardo di almeno un anno e mezzo

Anche Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, ha voluto commentare la volontà dell'Unione Europea di aprire un'indagine anti-dumping sulle auto elettriche cinesi. Da tempo circolavano malumori dell'industria europea sulle attività di quella cinese e l'annuncio dell'indagine ha solo scoperchiato un vaso di Pandora.
Parlando con Bloomberg, il presidente di Anfia, Roberto Vavassori, ha apprezzato la decisione di avviare l'indagine. Tuttavia, si dice anche preoccupato perché arriva in ritardo e non basterà da sola ad invertire le sorti dell'Europa.
CI SI DOVEVA MUOVERE PRIMA
Secondo Vavassori, il settore automobilistico è in difficoltà anche perché l’Unione Europea sta cercando di regolamentare il suo percorso verso un futuro completamente elettrico senza valutare le implicazioni per l’industria. Come accennato in precedenza, secondo il presidente di Anfia, l'indagine arriva in ritardo almeno di un anno e mezzo. Inoltre, l'indagine si sarebbe dovuta effettuare in sordina. Parlandone pubblicamente, per Vavassori l'Unione Europea avrebbe già dovuto condividere alcuni risultati.
L’indagine è certamente benvenuta, ma arriva sicuramente con almeno un anno e mezzo di ritardo. Un’indagine seria ed efficiente avrebbe dovuto svolgersi in sordina. Mi sarebbe piaciuto vedere questa dichiarazione accompagnata da alcuni risultati delle indagini. Ora che le navi piene di veicoli elettrici cinesi hanno lasciato le loro coste e si stanno dirigendo verso Amburgo e altri porti europei, è un po' tardi per segnalare che stiamo avviando un'indagine, soprattutto in un momento di relazioni politiche e commerciali molto delicate tra Europa e Cina.
Per il presidente di Anfia, esiste attualmente una disparità intollerabile e francamente incomprensibile tra i trattamenti tariffari per le automobili che entrano nei diversi Paesi. Questo è un qualcosa che avrebbe dovuto essere affrontato immediatamente.
Un veicolo elettrico cinese che entra in Europa paga una tassa del 10%, mentre uno europeo che entra in Cina paga, a seconda delle sue caratteristiche, tra il 15 e il 25%. Questo è incomprensibile.
L'Europa oggi sconta un grande problema di competitività, secondo Vavassori.
Abbiamo approvato la regolamentazione sui veicoli elettrici per ragioni ideologiche senza avere un chiaro background industriale su quali sarebbero le conseguenze in termini di competitività per le nostre economie. Ora dobbiamo raccogliere i pezzi. L’annuncio è la conseguenza di crescenti inviti all’azione che sono diventati più forti, trasformandosi in un coro, circa sei mesi fa, sia da parte di amministratori delegati come Carlos Tavares o Luca de Meo, sia da parte dei fornitori. Diversi membri della Commissione europea hanno suggerito un simile approccio.
L'Unione Europea deve anche affrontare il tema della Carbon Border Tax. Per il presidente di Anfia, è fondamentalmente sbagliato sottoporre a tassazione alle frontiere le materie prime di cui l’Europa ha bisogno per le sue industrie.
Non abbiamo miniere, non abbiamo alluminio, non abbiamo molti materiali di cui ha bisogno la nostra industria, e non solo quella automobilistica. È fondamentale che anche le batterie, qualunque sia la loro impronta di carbonio, siano esentate dalla Carbon Border Tax. Se vogliamo costruire veicoli elettrici in Europa, ancora per qualche anno, che ci piaccia o no, dovremo importare batterie cinesi. Sarebbe folle essere costretti ad acquistare batterie dalla Cina, sottoporle ad una tassazione del 15-20%, assemblarle nelle auto europee e poi pensare di poter essere competitivi sui mercati internazionali. Questo è pazzesco.
Parlando delle diatribe tra Francia e Germania sul tema della Cina, l'indagine avviata dall'UE non è, per il presidente di Anfia, una vittoria della Francia.
Non si tratta di Francia contro Germania. Dovremmo smettere di pensare in questo modo partigiano. È vero che le case automobilistiche tedesche hanno investimenti automobilistici più grandi in Cina rispetto a quelle francesi, ma non sono stati solo i francesi a spingere per questa indagine. Non dovremmo cadere ancora una volta nella trappola della polarizzazione, di noi contro loro. Non ci porterà lontano.