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Viaggio nella Turchia delle auto: quello che (forse) non sapete e perché serve saperlo

E se vi dicessimo che il vostro clacson proviene molto probabilmente dalla Turchia?

Viaggio nella Turchia delle auto: quello che (forse) non sapete e perché serve saperlo
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Luigi Melita
Luigi Melita
Pubblicato il 19 ott 2021

Con il Gran Premio che ha incoronato Bottas, il 2021 ha confermato nuovamente la Formula 1 in Turchia, circuito tra i più recenti perché inaugurato nel 2005 trasformando in realtà il progetto di 5.338 metri disegnato da Helmann Tilke. 

Negli anni, Istanbul ha partecipato in maniera discontinua agli eventi della "major league" del mondo dei motori. Dal 2005 al 2011 è stata tappa fissa per il circus, tornando poi nel biennio 2020-2021 (qui il calendario F1 2022).

La tappa della F1 è stata, personalmente, l'occasione per un primo contatto con Istanbul e la Turchia, un Paese non troppo lontano geograficamente ma noto ai più solo per le cronache e reso più distante dal pregiudizio che spesso intrappola la mente di chi è poco solito viaggiare. Si tratta di una realtà diversa, è vero, ma le connessioni con il mondo occidentale sono sempre di più e sono tantissime quello con il settore automotive. Infatti, non tutti sanno che…

LA TURCHIA DEI MOTORI

Spesso ce lo si dimentica, ma la Turchia è tra i principali poli di produzione per diversi marchi europei e non. Qui Fiat e Renault sono molto forti, al punto che le auto che si incontrano per strada portano spesso questi marchi (o la loro versione ribrandizzata) e i gusti locali sono ancorati alla classica berlina (Fiat Tipo tra queste). Tale variante carrozzeria viene quindi proposta anche per modelli che in Europa non hanno questa versione e le berline (41,3%) sono ancora in grado a resistere all'avanzata dei SUV (34,1%) in termini di quota di mercato. Le hatchback sono al 22,6% (dati relativi a H1 2021).

Tofaş

Tofaş è tra le aziende con sede a Istanbul e che posizionano gli impianti produttivi a sud, nella città di Bursa. Fiat, con gli Agnelli, ha inaugurato questa fabbrica compartecipata dalla locale Koç Holding di Vehbi Koç nel 1968: tre anni dopo vennero aperti gli impianti e, nel 1971, la versione turca della Fiat 124 (Murat 124) uscì dalla linea di produzione. La nuova Fiat Tipo (in Turchia si chiama Egea) è il modello più recente prodotto dall'impianto di Bursa, ora sotto l'egida di Stellantis che ha proprio qui uno dei centri di Ricerca & Sviluppo.

Oyak Renault

Centro produttivo del Paese, Bursa ospita anche l'impianto Oyak Renault, fondato nel 1969 sotto il controllo di Renault e Oyak. Dalle linee produttive escono la Clio 5 e la Megane berlina (Fluence) ma sono i motori a giocare il ruolo di protagonisti con una produzione doppia rispetto a quella delle auto in termini di unità, superando quota 700.000.

Ford Otosan

Ford Otosan è un altro dei poli industriali automotive e segue la stessa logica aziendale per le imprese che vogliono investire e produrre in Turchia: è anch'essa partecipata dall'azienda straniera (gli americani in questo caso, tramite una controllata tedesca di Ford) e dalla turca Koç Holding, entrambe al 41%. Il restante 18% è pubblico grazie alla quotazione in borsa. Oltre alla produzione è presente un centro di Ricerca & Sviluppo e dal 2023 la gamma elettrificata di Ford Transit sarà prodotta dalla joint venture nella provincia di Kocaeli che già produce i Transit tradizionali e che ospiterà anche i veicoli commerciali da 1 tonnellata di Volkswagen nell'ambito della collaborazione che fornirà agli americani la MEB

Oltre ai principali poli e gruppi industriali citati, ci sono altri marchi che hanno in Turchia le loro attività produttive. La nuova Hyundai Bayon, il più piccolo dei SUV dei coreani, è l'ultima figlia dell'impianto di Izmit (1997) e da qui viene esportata in tutta Europa, nascendo dalla stessa linea e dalla stessa piattaforma di Hyundai i20.  

Anche Toyota ha "un piede sul Bosforo": l'impianto è quello di Sakarya, ad est di Istanbul e Bursa, ed è uno di quelli che danno i natali a Toyota C-HR e Toyota Corolla. 

Daimler, invece, ha scelto Aksaray nel 1986, posizionandosi nel cuore del Paese. L'impianto è dedicato ai veicoli commerciali e ai truck, tra cui l'Actros. Recentemente il gruppo ha inquadrato la divisione truck e autobus sotto il neo-nato marchio Daimler Trucks della Daimler Truck Holding: in Europa i poli produttivi delle motrici sono quello tedesco di Wörth e quello turco di Aksaray. Anche in questo caso non si parla solo di produzione ma di un centro di Ricerca & Sviluppo che assorbe investimenti nell'ordine dei milioni di euro (8,4 nel 2018).

C'è chi resta e chi se ne va: Honda chiuderà la fabbrica di Gezbe nel 2021 in concomitanza del fine vita della Civic berlina e conseguentemente alla volontà di spostare gli investimenti sulla produzione elettrica dei prossimi anni.

LA TURCHIA DEI CLACSON

Altra protagonista della "Bursa automotive" è Seger, azienda che produce la voce delle nostre auto. Vengono da qui, infatti, i clacson per moltissime delle vetture in circolazione. Seger è uno dei fornitori di Audi, Citroen, Ford, Hyundai, Mercedes, Opel, Peugeot e Renault, ha lavorato anche con Tesla per la Roadster di prima generazione, traguardo che i turchi considerano motivo di vanto tanto da inserire nella .loro timeline il lancio nello spazio del 2018, un primato per un marchio del Paese.

Seger ha prodotto almeno 110 milioni di clacson esportandone la maggior parte (80%) in circa 70 diversi Paesi

Insomma, si tratta – quasi – di un monopolista: in Europa ci sono solo tre aziende che producono clacson e in tutto il mondo si arriva a poco più di una decina. L'azienda ha recentemente annunciato che punterà al mondo delle auto elettriche grazie alla sua competenza che abbraccia anche elettronica e parti elettro-meccaniche, oltre ad avere già accordi di fornitura per la TOGG, il consorzio nato nel 2018 che si sta occupando di produrre il primo modello sviluppato completamente in Turchia.

LA TURCHIA DELLE AUTO ELETTRICHE DI TOGG

Sono cinque le auto elettriche nei programmi del produttore Turco TOGG: SUV, berlina, hatchback di segmento C, crossover (B-SUV) e monovolume compatta. Questo il piano industriale per il 2030, un progetto che prenderà il via con il SUV nel 2022 e proseguirà poi con la berlina elettrica (2024).

TOGG è l'acronimo di Türkiye'nin Otomobili Girişim Grubu, traducibile con Turkey Automobile Joint Venture Group. Il consorzio ha il sostegno dello stato e racchiude diverse competenze derivanti dalle aziende coinvolte: Anadolu Group, BMC, Kiraca Holding, Turkcell e Zorlu Holding

La piattaforma è stata sviluppata negli ultimi anni e i concept sono già stati presentati. Il pianale è pensato con l'elettrificazione in mente e, per il SUV, si parla di 300 e 500 km di autonomia a seconda della batteria montata, saranno infatti proposte due versioni come accade per diverse auto elettriche: Tesla Model 3 SR+ e LR, Hyundai Kona Electric da 39 e 64 kWh e via dicendo.

Basato su una piattaforma a trazione posteriore (200 CV) o integrale (400 CV), il SUV avrà la ricarica rapida (30 minuti per 0-80%), aggiornamenti OTA, supporto al 5G, HUD e guida semi-autonoma di Livello 2 con predisposizione al Livello 4. Il design dell'auto è stato realizzato in collaborazione con Pininfarina (insieme al centro stile di TOGG) ed è stata proprio l'Italia il palcoscenico per la presentazione dei due prototipi.

LA TURCHIA PER L’EUROPA

C'è un altro tema importante da affrontare quando si parla di Turchia, ed è quello che fonde logiche industriali e geopolitica. La pandemia ha insegnato, o meglio ricordato, come la delocalizzazione estrema sia un problema in contesti di crisi globale, ne è un esempio lampante la crisi dei chip. 

In realtà è l'intera catena di approvvigionamento e produzione che soffre e i piani delle aziende si sono modificati anche per far fronte a possibili crisi future. Per questo motivo diventerà fondamentale accorciare la filiera, se non localmente all'interno dellUE, almeno nella macro area della parte occidentale del Vecchio Continente, con il Mediterraneo a fare da fulcro per abbassare i costi di produzione (come disse Marchionne).

L'Unione Europea è già l'interlocutore principale della Turchia in entrambe le direzioni industriali: non ci sono solo i flussi produttivi in uscita ma anche quelli dedicati al mercato interno che ha visto un boom nel numero di auto vendute passando da 4,6 milioni nel 2002 a più di 13 milioni nel 2021 (dati riferiti all'intera nazione).

Il boom dell'auto degli ultimi anni è una delle cause principali del traffico di Istanbul, megalopoli su due continenti che, con soli tre ponti ed un tunnel a collegare la parte asiatica a quella europea, fatica a smaltire i più di 4,5 milioni di veicoli ufficialmente censiti. 

Resterà quindi da capire come si evolverà il discorso tra politica e industria nell'ottica di un panorama destinato a cambiare profondamente nel decennio appena iniziato.

LA TURCHIA VERSO LE ZERO EMISSIONI

Nell'analizzare la situazione del mondo auto in Turchia, poi, vanno considerate anche le prospettive future in termini di elettrificazione e rotta verso le zero emissioni, tema caro anche al mondo automotive che opera nel Paese. Da gennaio a settembre 2021, sono state 1.560 le auto elettriche vendute nel Paese, numeri irrisori se comparati con le 47.000 unità (comunque poche) dell'Italia, ma che lanciano un primo segnale di cambiamento. In proporzione, la quota di mercato per le elettriche in Turchia nei primi nove mesi del 2021 è dello 0,4% mentre per l'Italia è del 4%.

L'infrastruttura è ancora da sviluppare ma il movimento è tangibile e lo scenario mostra la necessità di fare un passo verso l'unificazione e il roaming dei fornitori di servizi: se in Italia si è già a buon punto (anche se con diverse criticità), in Turchia l'interoperabilità tra i network deve ancora concretizzarsi e bisogna armarsi di varie applicazioni. 

Diversi, poi, i piani dei gruppi industriali legati all'automotive per arrivare alle zero emissioni: Ford Otosan ha già parlato del 2040 con un programma che coinvolge i mezzi elettrici per le brevi-medie distanze e l'idrogeno per i trasporti, con un graduale passaggio dagli ibridi diesel (gasolio + fuel cell) ai fuel cell elettrici. Il contesto energetico del Paese è quello di una quota di produzione da rinnovabile del 14,6% nel 2020.

MUSEO RAHMI KOÇ

Sulle rive del Corno d'Oro trova posto il Rahmi Koç Museum, complesso di dimensioni importanti che si avvicina più alla collezione privata che ad un museo nel senso tradizionale, pur presentando diversi cartelli informativi (bilingue, Turco e Inglese, un'importante attenzione da non dare mai per scontata) sui modelli in mostra e una piccola sezione interattiva per i più giovani.

Rahmi Koç, figlio di Vehbi, è legato a doppio filo con il mondo automotive anche se la Koç Holding, il conglomerato industriale, è coinvolta in una serie di attività che spaziano dall'elettronica all'energia passando per informatica, costruzioni e via dicendo. Nel mondo delle quattro ruote ci si ricollega alle già citate Tofas e Ford Otosan. 

Trasporti, Industria e Comunicazioni: queste le tre sezioni in cui si suddivide l'esposizione che include al suo interno aerei e un sottomarino (visiatbile al suo interno), centinaia di automobili di diverse epoche (molte dagli anni sessanta agli anni novanta), bici e motociclette, treni e modellini di ogni genere. 

FUORI TEMA: COSA VEDERE SE…

… se, come me, vi trovate a Istanbul per un viaggio di lavoro e avete poco tempo per visitare la città. 

Aya Sofia (o Hagia Sofia) e la "Moschea Blu" sono i grandi classici: si trovano una di fronte all'altra e si sfidano letteralmente viste le origini: la prima è nata con Giustiniano e reca i segni del mondo bizantino e cristiano prima di diventare moschea, museo e, poi, nuovamente moschea. La seconda nasce quarant'anni dopo quella di Solimano come simbolo del mondo islamico per volere del sultano Ahmed. La sua volta con le semi-cupole che portano alla cupola centrale è affascinante.

A pochissima distanza ci si ritrova nella piazza dell'antico Ippodromo di Settimio Severo (200 A.C.), ulteriore esempio di come Istanbul sia stata crocevia di popoli e culture. Resta poco da vedere, ma troneggiano i due obelischi: quello di Teodosio (preso dall'Egitto), e quello di Costantino, spogliato ormai dalle lastre di bronzo che lo ornavano.

In tema di furti antichi, vengono da qui i cavalli oggi posti in piazza San Marco a Venezia. I monumenti storici, inclusa Aya Sofia stessa, sono l'esempio della lungimiranza esercitata  nel conservare e integrare i passaggi delle altre civiltà, anziché cancellarli come fatto da altre culture nella storia.

Per fare due passi c'è Istiklal Caddesi, la strada che parte dalla Torre di Galata e arriva a Piazza Taksim. D'obbligo poi provare il caffè (quello turco, preparato nel cezve o ibrik): in quanto italiani ci vantiamo (erroneamente) di essere gli unici a saperlo fare. Non è così.

Se, a differenza del sottoscritto, avete più tempo, il consiglio è quello di eliminare il velo di pregiudizio (o di ignoranza nel mio caso) e fare due ricerche online per le prossime vacanze di chi ha già girato l'Italia in lungo e in largo e cerca, pandemie permettendo, una nuova meta. Sfogliando la classica rivista turistica da aereo, mi sono stupito nel constatare la varietà di ispirazioni. Dalla regione della Marmara (con i richiami alla guerra di Troia) a quella dell'Egeo a Ovest, fino all'Anatolia dell'Est, la Turchia ha più varietà di quanto potessi pensare e ha tantissimi tratti in comune con il nostro Paese, offrendo montagne e località sciistiche, mare, immersioni, cultura, natura e una variopinta tradizione culinaria.

E il kebab che conosciamo in Europa non è che una pallida imitazione di quelli (sì, plurale) che si possono assaggiare in Turchia!

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