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Ride sharing, in California si è arrivati vicinissimi allo stop

A poche ore dall'entrata in vigore della legge che obbligava a inquadrare tutti gli autisti come lavoratori dipendenti è stata accolta la richiesta di proroga.

Ride sharing, in California si è arrivati vicinissimi allo stop
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Francesco Rizzà
Francesco Rizzà
Pubblicato il 21 ago 2020

La situazione per i servizi di ride sharing si sta facendo complicata in California. Nel corso della giornata di ieri, sia Lyft sia Uber hanno annunciato che avrebbero sospeso il loro servizio in tutto il Paese, come avevano minacciato di fare giorni fa, dopo che il tribunale aveva deciso che gli autisti sono a tutti gli effetti dei dipendenti, e non dei lavoratori autonomi.

Il blocco sarebbe dovuto scattare alla mezzanotte di ieri, ma in realtà tutto ha continuato a funzionare regolarmente: all'ultimo minuto è stata accolta la richiesta delle piattaforme di prorogare l'entrata in vigore della sentenza fino alla fine del processo di appello, che si dovrebbe tenere verso ottobre. A settembre le aziende sono tuttavia obbligate a presentare un piano per portare effettivamente a compimento l'ordine della corte, in caso anche l'appello vada male.

Il ragionamento dei legislatori è che continuando a essere trattati come collaboratori indipendenti i driver di Uber, Lyft e tutti gli altri servizi analoghi hanno meno sicurezza e meno stabilità – niente mutua, niente ferie, niente tutele sul compenso minimo, niente ammortizzatori sociali in caso di perdita del posto di lavoro. Tuttavia, le aziende controbattono che una soluzione per tutelare gli autisti si è trovata indipendentemente, e che nemmeno gli autisti stessi vogliono essere inquadrati come dipendenti – si cita addirittura l'80% di contrari.

La questione, comunque, è molto delicata. Si stima che nella sola California ci sia 1 milione di persone che guadagnano con Uber, Lyft e affini. Se non ci fosse stata la proroga e tutti avessero deciso di abbandonare lo stato americano, sarebbe 1 milione di persone senza lavoro.

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