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Stop endotermiche tra dubbi e polemiche. Ne parliamo con UNRAE e Motus-E

Abbiamo parlato con Motus-E e con UNRAE del tema scottante dell'addio alle endotermiche nel 2035

Stop endotermiche tra dubbi e polemiche. Ne parliamo con UNRAE e Motus-E
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Filippo Vendrame
Filippo Vendrame
Pubblicato il 3 mar 2023

Il tema dello stop alle vendite delle nuove auto endotermiche nel 2035 sta facendo discutere tantissimo, con diverse polemiche anche a livello politico. Proprio in questi giorni abbiamo visto varie dichiarazioni da parte del Governo italiano su questo delicato argomento e sappiamo pure che l'Italia è impegnata a livello europeo per cercare di rallentare il processo di transizione e per dare spazio anche ad altre tecnologie di alimentazione, puntando maggiormente sul concetto della "neutralità tecnologica".

Affrontando il tema del "2035" si è discusso molto dei rischi economici legati all'addio ai motori endotermici. Rischi che riguardano, per esempio, il futuro di alcune aziende specializzate nella componentistica dei motori a benzina e diesel e dei loro lavoratori. Si è parlato anche della difficile adozione delle auto elettriche in Italia e delle cause che stanno rallentando le vendite di queste vetture.

HDMotori ha dunque voluto approfondire un po' queste tematiche parlando con UNRAE e Motus-E.

NON SI PUÒ TORNARE INDIETRO

Sui rischi delle imprese italiane e dei loro lavoratori, la posizione dell'Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri (UNRAE), è molto chiara. Per affrontare la transizione in maniera corretta è necessario un coordinamento tra le istituzioni sia a livello europeo e sia a livello nazionale. In caso contrario, i rischi supereranno le opportunità.

La decisione del Parlamento europeo non ha fatto che confermare l’indirizzo già intrapreso dall’unione europea l’anno scorso. Si tratta di un passo dovuto che va nella direzione di garantire gli steps necessari verso la decarbonizzazione. D’altro canto nell’automotive gli ingenti investimenti per la transizione energetica sono cominciati da anni ed in questi ultimi si stanno facendo sempre più ingenti verso le nuove tecnologie e verso una mobilità sostenibile. E’ chiaro che si tratti di una conversione epocale ed è altrettanto chiaro che un coordinamento tra il settore e le istituzioni a livello europeo e nazionale sia necessario. Mercati in salute in grado di accogliere le nuove tecnologie e supporti efficaci per la riconversione industriale, sarà questa la ricetta per cogliere le opportunità economiche sociali ed ambientali di questa transizione. Differentemente, soprattutto in caso di assenza di una agenda di politica economica, i rischi supereranno le opportunità.

Per Motus-E, quello che mette davvero a rischio le imprese e i lavoratori italiani è il clima di incertezza che si sta diffondendo in Italia. Il pericolo è quello di non comprendere le grandi opportunità che offre lo sviluppo industriale connesso all'elettrificazione. Bisogna supportare l'evoluzione della filiera in tempi brevi, altrimenti saranno altri a sfruttare le nuove opportunità.

In realtà quello che davvero potrebbe mettere a rischio imprese e lavoratori italiani è il clima di incertezza che si sta diffondendo nel Paese verso una trasformazione dell’industria ormai ineluttabile. In tutto il mondo i costruttori si stanno già muovendo da tempo verso la mobilità elettrica e molti raggiungeranno il traguardo del full electric ben prima del 2035. Il vero pericolo è quello di non riuscire a comprendere le enormi opportunità di sviluppo industriale connesse all’elettrificazione, che altri Paesi stanno facendo a gara per cogliere. In Italia gli occupati del settore automotive sono in contrazione da circa trent’anni e questa discontinuità tecnologica rappresenta una leva per invertire la tendenza. Uno studio che abbiamo realizzato con l’Università Ca’ Foscari Venezia, che chiunque può consultare e da cui è nato un Osservatorio permanente del comparto, dimostra proprio questo: i veri costi sono quelli del “non fare”. Bisogna supportare l’evoluzione della filiera e farlo in tempi brevi, altrimenti saranno altri a sfruttare queste nuove opportunità.


In Italia si stanno comprando poche auto elettriche. Colpa solo dei prezzi troppo alti, degli incentivi non ben strutturati o c'è ancora altro? Per UNRAE una parte della responsabilità va agli incentivi mal strutturati con limiti dei prezzi delle auto da acquistare che non hanno senso. Serve poi anche spingere sulla rete di ricarica. A tutto questo, si aggiunge anche un dibattito in Italia che ha portato solo a confusione.

Gli incentivi, come sosteniamo da tempo, hanno privilegiato i canali meno “portati” al cambiamento, e cioè quello dei privati, in più stabilendo tetti ai prezzi che non hanno senso. Le aziende dovranno essere i vettori del cambiamento ma necessitano di agevolazioni fiscali come negli altri paesi europei. Le infrastrutture di ricarica saranno anche fondamentali, soprattutto quelle ad alta potenza ed in autostrada. Per ultimo il dibattito in Italia ha portato solo confusione creando schieramenti a favore e contrari che non hanno nessuna utilità, togliendo serenità nelle scelte agli automobilisti.

Anche per Motus-E, il problema delle vendite è legato a più fattori. Per l'associazione una parte della responsabilità va ricercata negli incentivi la cui discontinuità ha disorientato gli automobilisti. La struttura degli incentivi ha poi penalizzato il mercato del noleggio e delle flotte. Oltre a questo, anche Motus-E punta il dito su di una battaglia ideologica che si sta consumando in Italia e che non esiste altrove.

Nel mese appena trascorso abbiamo assistito a un certo recupero delle vendite, ma sicuramente bisogna fare di più per stare al livello degli altri grandi Paesi europei con cui dobbiamo confrontarci. L’andamento anomalo dell’Italia è frutto di una serie di fattori. In primis la discontinuità degli incentivi a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, che ha finito per confondere gli automobilisti. Sempre su questo versante, inoltre, ha inciso la poca attenzione rivolta nel recente passato al mercato del noleggio e delle flotte, con agevolazioni arrivate in ritardo e “dimezzate”, che hanno penalizzato un canale di vendite molto importante, anche per dare vita a un mercato dell’usato elettrico fresco e di qualità. Infine, c’è anche un tema più complesso, che merita però grande attenzione: sull’auto elettrica si sta consumando in Italia una battaglia di retroguardia puramente ideologica che non esiste altrove, spesso portata avanti da chi nella realtà non ha mai neanche provato questa tecnologia. E tutto questo potrebbe creare in prospettiva dei problemi per il nostro Paese, che rischia di scivolare nella Serie B del mondo dell’auto, con effetti economici che a tendere potrebbero essere molto pericolosi.


E sulla possibilità di tornare indietro, UNRAE è molto chiaro: non si può e non si deve. Il progresso va sempre abbracciato e le nuove tecnologie rappresentano sempre un'opportunità.

No e non si deve. Il progresso va abbracciato e le nuove tecnologie sono, come sempre, una opportunità. La decarbonizzazione è un impegno per tutti, giusto e improrogabile. Ognuno dovrà fare la sua parte con tutte le tecnologie a disposizione. Nell’automotive, dall’elettrico all’idrogeno, come in tutti gli altri settori e, soprattutto grazie a protocolli internazionali di intesa in arrivo, in tutte le aree produttive del mondo.

Dello stesso pensiero anche Motus-E che avverte che c'è il rischio di avvitarsi in un dibattito fuori dal tempo, mentre il resto del mondo va avanti.

Gli osservatori più attenti e gli addetti ai lavori sanno bene che – indipendentemente dalla data “totem” del 2035 – l’industria dell’auto è già proiettata interamente verso l’elettrico. Basta un numero per capirlo: nei prossimi anni sono previsti circa 1.200 miliardi di euro di investimenti su questa tecnologia. La strada è segnata e non si tornerà indietro, anche perché come testimoniano tutti i più autorevoli studi effettuati a livello globale l’elettrico a batteria ha dimostrato ampiamente di essere la soluzione più efficiente ed economica per decarbonizzare i trasporti. È inevitabile che di fronte a una trasformazione così vasta possano crearsi delle ritrosie. Il rischio più grande però è quello di avvitarsi in un dibattito fuori dal tempo, mentre il resto del mondo va avanti. Un esempio sono gli Stati Uniti, che hanno messo in campo investimenti enormi per cavalcare questa transizione e beneficiarne a livello economico. Non è un caso poi che anche le parti sociali, le prime interessate a proteggere il lavoro, stiano chiedendo alla politica di non perdere tempo e di accelerare sulle politiche per crescere sull’elettrico. L’Italia ha un tessuto industriale eccellente, con tutte le carte in regola per primeggiare a livello globale sulla e-mobility. Dovremmo esserne orgogliosi e remare tutti in questa direzione, per non farci tagliare fuori da un mega trend globale inarrestabile e lasciare che siano altri sfruttare queste nuove opportunità. Quello sì che sarebbe un pericolo.

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