Dallara e Lenovo: la magia dei computer che fanno andare le auto più veloci

18 Maggio 2019 15

Quando si parla di tecnologia c'è tutta una schiera di detrattori pronta a rimembrare i bei vecchi tempi, quelli in cui la beltà di Silvia splendea negli occhi suoi ridenti e fuggitivi, quelli in cui "si stava meglio" perché le cose erano fatte con più passione, con le sudate carte e con la man veloce che percorrea la faticosa tela. Forse c'è del vero in queste parole ma se Dallara, un'azienda che ha sempre fatto della ricerca maniacale delle prestazioni e della sicurezza il suo vanto, non è di questo parere, significa che poi - in fondo - la tecnologia non è proprio così cattiva.

Gian Paolo Dallara, fondatore e non certo uomo di primo pelo, racconta durante il nostro incontro di come l'evoluzione tecnologica sia stata fondamentale nella storia di un'azienda che, oggi, detiene il quasi totale monopolio nella fornitura di telai per il mondo del motorsport a ruote scoperte, dalla Indycar alla Formula E.


L'arrivo delle macchine a controllo numerico, i primi approcci al disegno CAD, questi sono alcuni dei passaggi evolutivi che hanno cambiato le cose in meglio: Dallara racconta infatti che, ai tempi del bidimensionale, la fase di progettazione non era certo paragonabile a quella odierna. Il progettista non aveva la visione d'insieme perché il disegno era una bozza che poi veniva passata al "super meccanico" che sistemava in corso d'opera, ci metteva del suo in base all'esperienza e cercava di interpretare la bozza originale.

Evolversi non è facile, dice Dallara, ma so che oggi non potremmo fare a meno della tecnologia.

Proprio la tecnologia, ad esempio, ha consentito all'azienda di evitare la realizzazione di una nuova galleria del vento, un'opera che avrebbe assorbito il 50% del fatturato: la nuova galleria del vento si sarebbe rivelata inutile perché, utilizzando quelle già disponibili insieme ai programmi di simulazione, il risultato finale avrebbe consentito di ottenere risultati migliori senza affrontare l'importante esborso economico.


Sotto la guida di Andrea Pontremoli, CEO & General Manager che arrivava dal mondo IBM, Dallara ha proseguito nella mission aziendale bilanciando dimensioni non certo paragonabili alle multinazionali con la necessità di fare innovazione in un settore di eccellenza. Per farlo, Dallara si è concentrata su tre pilastri fondamentali nel mondo delle prestazioni e delle competizioni.

Lasciando da parte i motori, di cui l'azienda non si occupa e che contano per il solo 15% nelle competizioni, i punti principali che portano alla ricerca di prestazioni e sicurezza sono materiali (sviluppo fibra di carbonio), aerodinamica e dinamica del veicolo.

Come in tutte le ricette, è l'equilibrio la chiave del successo. Si parte dalla riduzione della massa, campo in cui la fibra di carbonio e lo studio dei materiali compositi fanno da padroni. Se è vero che una monoposto leggera significa una monoposto più veloce, in gara bisogna ricordarsi che tutto si svolge nella contact patch, quella piccola zona degli pneumatici in cui passano le forze.

Entra quindi in gioco il secondo elemento: il carico aerodinamico, chiave per generare forze aggiungendo peso senza aumentare la massa. Si tratta di un elemento fondamentale per la tenuta dell'auto in curva come in rettilineo.Tutto questo va poi bilanciato nello studio della dinamica del veicolo che si occupa di mettere alla prova (nel mondo reale o tramite simulazioni) il comportamento della vettura in pista.

PER MIGLIORARE BISOGNA SBAGLIARE

A questo punto interviene la tecnologia: fermo restante che per migliorare bisogna sbagliare, ai "cari vecchi tempi" l'errore risultava davvero costoso perché tutto si svolgeva in pista, quella vera. Bisognava costruire l'auto, spendere cifre enormi per i prototipi e metterli alla prova in tutte le condizioni possibili, con il rischio di incidenti nel ricercare il limite.

Un modello da galleria del vento (che può raggiungere massimo il 60% delle dimensioni dell'auto reale) ha costi dieci volte superiori a quello dell'auto che va effettivamente in pista, ed è frutto di uno studio di nove mesi di cui otto di sola progettazione.

Il super computing ha permesso di aumentare la quantità di errori, consentire margini di miglioramento più alti e fare tutto questo a costi inferiori. Anche nell'era digitale ci sono stati progressi: se più di una decina di anni fa i calcoli per simulazioni da 30 milioni di tetraedri potevano durare anche 20 giorni, oggi Dallara riesce ad eseguire cicli di simulazioni complete in meno di 8 ore, con modelli da più di un miliardo di tetraedri, consentendo agli ingegneri di lanciare il programma a fine giornata lavorativa, tornare la mattina successiva, esaminare i risultati ed effettuare le modifiche.

Dallara ha quindi unito le forze con Lenovo in una partnership che è diversa dal solito accordo di fornitura: cercare le prestazioni significa avere un vero e proprio socio che non si limita a configurare i sistemi ma che è coinvolto in un processo di Ricerca & Sviluppo in grado di arricchire il know-how di entrambe le parti, e non devo certo spiegarvi quanto, oggi, la conoscenza sia importante in ambito aziendale, un asset virtuale che vale più di tutti quelli reali. Per questo Dallare non vende telai ma modelli matematici frutto di sviluppo e ricerca, lavorando anche con i brand del mondo delle vetture stradali che realizzano supercar, hypercar ma anche auto da "comuni mortali".


DISTRUGGERE LE MONOPOSTO È UNA SCIENZA

All'atto pratico, l'incremento delle capacità computazionali ha consentito a Dallara di unire un alto volume di dati da processare al calcolo intensivo: qualsiasi idea è ben accetta perché la prova non si porta dietro la paura di sbagliare e questo, in un settore dove fluidodinamica e studio sui compositi in fibra di carbonio impattano direttamente sulla vita dei piloti, è un progresso fondamentale.

Ricerca delle prestazioni e sicurezza vanno di pari passo e il risultato è che, in contesti estremi come la Indycar dove si raggiungono anche punte di 400 chilometri orari, il telaio riesce a salvare il pilota grazie a quell'equilibrio perfetto frutto di simulazione e studio.

Può sembrare banale, ma è sempre bene ricordarlo: in strada come in pista è la capacità dell'auto di deformarsi che salva il conducente, non certo la sola rigidità dei materiali. Un telaio rigido sarebbe infatti perfetto per ridurre i costi delle scuderie a fronte degli incidenti ma, nell'impatto, porterebbe a conseguenze disastrose per pilota, elemento debole nella scala dei "materiali" che subirebbe tutte le forze in gioco.

Tony Kanaan, Indianapolis: l'incidente che ha visto coinvolto il pilota ha restituito una misurazione di ben 212 g tramite i sensori sull'auto al momento dell'impatto, accelerazione ridotta a soli 16 g (dai sensori posizionati sul pilota) grazie all'equilibrio ottenuto studiando un telaio dove milioni di fibre di carbonio si rompono in direzioni diverse, con impatti diversi, dissipando le forze in gioco.

Questo esempio chiarisce come tutto si giochi a livello microscopico: maggiori sono gli elementi in cui scomponi il tuo telaio, rappresentati nel modello da piccoli tetraedri, migliore è la precisione che si ottiene in fase di simulazione. L'evoluzione tecnologica ha permesso di passare da 30 milioni di celle a modelli con un miliardo e 300 milioni.

NUOVE FRONTIERE: HUMAN IN THE LOOP

La dinamica del veicolo studiata nei simulatori apre a ulteriori frontiere: oggi, parlando in gergo tecnico, non ci sono solo software e hardware "in the loop", ma anche l'uomo diventa un elemento della simulazione: il pilota guida modelli matematici di auto mai costruite su circuiti che possono o non possono esistere in contesti in cui si possono variare facilmente paremetri ambientali, temperatura, tipo di pneumatico e densità dell'aria.

La filosofia human in the loop è stata resa possibile proprio grazie al progresso tecnico della simulazione e all'incremento delle capacità computazionali: un pilota che esce dal simulatore essendo in grado di restituire un feedback reale, ad esempio "l'auto sottosterza", rappresenta la conferma che la latenza è inferiore alla percezione dell'essere umano e che il modello è realistico.

Così da Varano, sul simulatore, si può testare un setup in contemporanea con le prove del weekend di gara in pista: la telemetria del circuito viene inviata a Dallara che effettua le simulazioni e restituisce un nuovo setup alla scuderia, in un ciclo di prove e modifiche in tempo quasi reale.

MACHINE LEARNING E COMPUTER VISION...NELLA PRATICA

Quanto raccontato finora dovrebbe darvi la misura di cosa significa partnership e di quanto differisca dal semplice accordo di fornitura. Lenovo non si limita ad attrezzare una sala server ma raccoglie le richieste in input traducendole in sistemi che permettono di sostenere attivamente lo sviluppo, in un percorso continuo di condivisione della conoscenza.

Machine learning e IA sono le nuove frontiere, parole spesso abusate che, come in tantissimi altri settori, anche in questo caso si traducono in un effetto reale. Se è vero che errore significa innovazione, è altresì vero che l'errore diventa conoscenza solo quando metabolizzato a sistema: a quel punto gli algoritmi permettono di tracciare dei pattern che svolgono il ruolo che nell'era pre-digitale era delegato all'esperienza.


L'IA diventa strumento per la gestione della conoscenza pregressa: date le condizioni, l'intelligenza artificiale restituisce il miglior setup. Tutto questo permette anche di snellire il processo di calcolo riducendo le esigenze computazionali (e quindi energetiche): i pattern creati permettono di evitare quei calcoli che, pur variando le condizioni, sarebbero uguali e quindi già "metabolizzati", un sistema che incrementa l'efficienza esattamente come accade nella gestione dei pixel in una trasmissione in streaming.

Proseguendo con le nuove frontiere, la computer vision consente di automatizzare ulteriori processi mentre la vettura reale corre in pista, tutto in un ambiente hardware dimensionato apposta per eliminare i colli di bottiglia tra le diverse velocità operative di processore, memoria e rete (per la trasmissione dati in real time). I parametri, infine, possono essere dai in input in maniera tradizionale, oppure richiesti in output: dato il risultato che voglio raggiungere, il sistema calcola le condizioni per farlo.


Questa è solo la punta di un iceberg fatto di tecnologia e motorsport che uniscono le forze per spingere sempre più in alto l'asticella e che portano applicazioni pratiche anche nel mondo della produzione.

Se vedere un simulatore può impressionare, considerate dimensioni e complessità dell'esempio di ingegneria che ci troviamo di fronte, in realtà è quanto sta dietro a quella struttura che rappresenta la parte sommersa dell'iceberg e che ci da una misura del lavoro di progettazione di un'eccellenza nata in Italia che, proprio grazie alla capacità di abbracciare le innovazioni tecnologiche, è riuscita a prosperare nel tempo.


15

Commenti

Regolamento Commentando dichiaro di aver letto il regolamento e di essere a conoscenza delle informazioni e norme che regolano le discussioni sul sito. Clicca per info.
Caricamento in corso. Per commentare attendere...
Anto

Pagani

Felipo

Il modo di esprimersi è tutto in un forum, se non sei in grado di farlo è meglio lurkare che scrivere boiate da "interpretare" perchè abbiano un senso

Daniele Di Donato

Bhe anche se il modo di esprimersi è sbagliato, ha detto una cosa molto più sensata di te e non ha insultato nessuno. I circuiti di Formula E sono per lo più composti da curve lente in cui è molto più importante il carico meccanico che quello aerodinamico. Ciao Grande!

Felipo

I circuiti sono l'opposto della definizione di aerodinamica? E che cribbio vorrebbe dire? Ci sono circuiti aerodinamici?
Ma LOL
Più che cercare nessi tra aerodinamica e FE, cercali tra i neuroni perché sembrano mancare

Forse confonde la scarsa ricerca dell'aerodinamica, con il fatto che le formula e hanno pochissimo carico aerodinamico perché in questo momento dello sviluppo l'unico obbiettivo è avere poca resistenza aerodinamica per consumare meno rispetto alla velocità in curva

Bubu

Al giorno d'oggi mancano questi geni appassionati imprenditori di auto

Dexter

Perché secondo il suo perverso ragionamento, la monoposto di FormulaE, non facendo "brum bruuum" significa che non è una "vera" monoposto da competizione. Ragionamento abbastanza chiuso, io le ho visto gareggiare dal vivo e mi sono parecchio divertito. (e si, sono un amante della F1 dai tempi di Mansell e seguo anche wtcc, wrc e indycar, ma non ho una mentalità chiusa)

Almeera

- " After " -
se vuoi vedere il meglio con la qualità (1080p HD)
gioca qui: NEWBOXSERIES.BLOGSPOT.COM

L0RE15

Dallara forse è il personaggio italiano nel mondo dei motori che ammiro di più. Per taluni versi anche più di Enzo Ferrari e Ferruccio Lamborghini.

Simone

E perché mai?
solo le ruote coperte migliorano enormemente l'aereodinamica...

asd555

Su quale argomentata base affermi che le monoposto di Formula-E sono l'opposto della definizione di aerodinamica?

Anto

Ma per favore, sei ridicolo. Passa il tempo a pubblicare foto di donne in costume, che è l'unica cosa che ti riesce.

Salvatore Esposito

Parte della meccanica che studia il moto dell'aria e le forze che
questa esercita sui corpi in quiete o in moto relativo rispetto ad essa.

Definizione di aerodinamica. Studia Capra.

non trovo il nesso tra aerodinamica e FE visto che le auto di FE sono proprio l'opposto della definizione di aerodinamica, così come anche i circuiti.

Auto

Ferrari, per le strade della Sardegna guidando una Roma Spider

Auto

Fiat 600e, ecco come va il nuovo B-SUV elettrico | Video

Auto

Fiat 600, ecco la versione ibrida: motori e prezzi

Auto

Peugeot E-3008 ufficiale, il SUV elettrico da 700km di autonomia arriva a febbraio 2024