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Europa e cleantech: necessaria una nuova strategia per mantenere il controllo

L'UE sta sfruttando il Net Zero Industry Act e il Green Deal Industrial Plan per la produzione di tecnologie ed energie pulite

Europa e cleantech: necessaria una nuova strategia per mantenere il controllo
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Mario Brambilla
Mario Brambilla
Pubblicato il 27 dic 2024

Il Clean Industrial Deal, uno dei pilastri della Commissione Von der Leyen, si scontra con una realtà complessa: l’Unione Europea si percepisce stretta tra le potenze di Cina e Stati Uniti, nonostante il potenziale offerto da un mercato unico con 450 milioni di consumatori e strumenti normativi adeguati per esercitare questo peso. Invece di massimizzare il proprio vantaggio, l’UE è ancorata alla minimizzazione delle distorsioni interne, mentre Cina e USA sfruttano la loro potenza economica e politica per massimizzare gli squilibri a loro favore.

Il problema si amplifica nei settori critici come il cleantech, dove aziende straniere, come CATL, Gotion, LG e Samsung, hanno investito miliardi sul suolo europeo beneficiando di ingenti sovvenzioni pubbliche. Esempi recenti includono i 7,3 miliardi di euro di CATL in Ungheria con 800 milioni di aiuti di Stato e i 2,5 miliardi di euro di Gotion in Slovacchia, che ha ricevuto altri 214 milioni in incentivi pubblici. Simili progetti, pur apprezzabili, lasciano l’UE con un controllo limitato su filiere, proprietà intellettuale e competenze.

BISOGNA CAMBIARE

Gli attuali sistemi di aiuto per l'EU sono il TCTF e l'IPCEI. Questi sono acronimi che indicano il Temporary Crisis and Transition Framework (TCTF) e gli Important Projects of Common European Interest (IPCEI); due strumenti chiave per sostenere l'economia europea e promuovere la transizione verso un'economia più verde e digitale.

Eppure, mostrano notevoli limiti: normative complesse, iter lunghi e poca trasparenza rendono inefficace il supporto alla produzione europea. Le sovvenzioni sono spesso erogate a fondo perduto, non condizionate a risultati concreti come volumi produttivi o impatti industriali, e questa opacità mina la competitività rispetto a modelli come l’Inflation Reduction Act (IRA) americano, che lega gli incentivi al raggiungimento di specifici obiettivi.

RIFORMA STRUTTURALE CRUCIALE

Gli aiuti di Stato dovrebbero essere vincolati al rispetto di regole comuni, come un massimo per unità prodotta (ad esempio, 25 €/kWh per batterie o 2 €/kg per idrogeno verde) e criteri obbligatori di localizzazione della catena produttiva. Questo modello premierebbe la capacità industriale europea senza favorire unicamente grandi operatori o progetti mal strutturati.

Sul fronte della domanda, politiche come il francese “ecobonus” per veicoli elettrici dovrebbero essere replicate su scala comunitaria. Parallelamente, misure commerciali come le recenti tariffe del 30% e dazi sui veicoli elettrici cinesi, benché utili, devono integrarsi con strategie più incisive per sviluppare capacità produttive locali e garantire una transizione equilibrata.

L’UE ha ancora tempo per riscrivere le regole del gioco. L’obiettivo del 2025 non deve essere solo quello di sopravvivere in un mondo dominato da Stati Uniti e Cina, ma di rimanere arbitra del proprio destino. Ma il Vecchio Continente non sta giocando bene le proprie carte.

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