Distruggere un'industria di 250 anni e ricostruirla in 25: scenari futuri al BoB 2022
Volete sapere come sarà il futuro? Eccolo...

Sono passati quattro anni dall’ultima edizione del Best of Belron, l’evento che si era tenuto nel 2018 (è biennale) e che nel 2020 è saltato a causa della situazione pandemica. Nell’edizione del 2022 ritrovo lo stesso spirito, espresso però in una società completamente cambiata da tutto ciò che la pandemia si è portata dietro.
Questi due anni, infatti, hanno modificato il modo in cui la società approccia temi come inclusività e sostenibilità, c’è stata una piccola-grande rivoluzione nel modo in cui i dipendenti vedono le aziende e in quello che sono disposti ad accettare sul luogo di lavoro.
Carglass è una di quelle realtà internazionali che forse ha anticipato i tempi su alcune tematiche oggi sulla bocca di tutti. Il Best of Belron ne è un esempio: in un contesto altamente competitivo, dove si spingono i dipendenti a dare il massimo, eventi come questo sono il modo di far sentire le persone al centro dell’azienda perché, come sottolinea il CEO Gary Lubner, sono loro quelle che pagano lo stipendio a tutti gli altri livelli. Si tratta degli ingranaggi che svolgono un ruolo centrale, e che l’azienda coinvolge con iniziative nazionali e internazionali come questa.
L’evento centrale, la competizione, è affiancato da un’attenzione alle tematiche che rappresentano i valori aziendali, e che sono ben rappresentate dalle conferenze: si può passare dal salone con gli speakers a quello con le postazioni di gara per la sostituzione di vetri/parabrezza e ricalibrazione ADAS.
Lo spirito è quello di una competizione volta a raggiungere il massimo dei risultati, lo stesso che l’azienda applica a tutti i livelli. Essere il miglior tecnico è un traguardo molto ambito, tra le postazioni si respira la competizione e il pubblico, pur di addetti ai lavori, è da stadio.
LE SCIMMIE IN UN MONDO IN EVOLUZIONE
Abbandonate le luci, le musiche e i timer dell’arena dove si combatte a suon di prove, la sala conferenze ci racconta di come il mondo stia cambiando e di come oggi sostenibilità e dati siano parole chiave. A proposito di dati, Carglass sta combattendo una guerra (link in Via) contro la limitazione posta dal gruppo Stellantis (con i marchi Fiat e Chrysler) che ha adottato un comportamento che scoraggia la competizione rendendo più difficile l’accesso alle centraline delle vetture.
Sulla sostenibilità, invece, viene mostrato a schermo il dato sul riciclo: 80% a livello mondo, 100% per quanto riguarda l’Italia. è proprio con questa introduzione, legata a dati e sostenibilità, che sale sul palco Kjell Nordström, economista, scrittore e relatore che ha trattato recentemente l’evoluzione della società in risposta alla pandemia di Covid-19.
Il mondo è cambiato, la pandemia è il focus del discorsi di Kjell e noi siamo scimmie, rappresentate al volante di un’auto in un’immagine che indica come gli uomini siano restii ai cambiamenti per pigrizia. Per questo, secondo Kjell, quando sarà finita la guerra non torneremo alle vecchie routine, ma la maggior parte di quelle ormai consolidate durante l’ultimo biennio resteranno, perché la pandemia ha forzato il cambiamento, ma la nostra “pigrizia" innata ci porterà a non tornare indietro. Insomma, i cambiamenti a cui siamo stati costretti sono ormai sedimentati.
Di quali stiamo parlando? Uno fra tutti riguarda l’urbanizzazione, dove si è creato un un “buco al centro della ciambella": le città hanno visto un ritorno alle periferie, meno affollate, e nei centri c’è stata una fuga di persone e di esercizi commerciali. Sarà davvero così?
L’altro cambiamento riguarda invece la globalizzazione, che subirà una battuta d’arresto: ci saranno “imperi" (Kjell ne ipotizza 6 o 7) che si chiuderanno in se stessi, creando una divisione geopolitica di cui abbiamo visto le prime conseguenze anche nel mondo dell’Industria. L’Unione Europea, ad esempio, sta provando a tenere all’interno dei confini la catena del valore delle auto elettriche con la spinta al riciclo delle batterie. La Russia è stata tagliata fuori da economia e commercio da praticamente tutti i produttori, mentre la Cina ha chiuso spesso i confini con la politica dei contagi zero (e le quarantene per ottenerli).
DISTRUGGERE L’INDUSTRIA E RICOSTRUIRLA
Il tema del cambiamento climatico è stato ormai accettato ed integrato nel mondo business e in quello produttivo, accelerando i processi. D’altronde, per molti, la colpa dei cambiamenti subiti dal pianeta è da imputare proprio all’economia industriale più che all’uomo in sé.
L’uomo esiste sul pianeta da molto tempo, Lucy ha 3 milioni di anni ad esempio, ma l’influenza umana sul mondo è molto più recente di quanto pensiamo. Scorrendo in avanti la linea temporale, per centinaia di migliaia di anni siamo stati ininfluenti per il pianeta, persino nel quindicesimo con il passaggio da Medioevo a Rinascimento o nel diciassettesimo secolo con la Rivoluzione Scientifica.
Bisognerà infatti aspettare la “giannetta" (Spinning Jenny) verso il finire del 1700 per entrare nell’epoca dell’industria e dell’influenza del sistema economico sulla società e sul pianeta Terra. L’Industria, con la i maiuscola, si è creata in un paio di centinaia d’anni e, pur essendo così giovane, oggi va completamente ricostruita. E dobbiamo farlo in 25 anni.
Coltivazioni, acciaio, auto, tutto deve essere ripensato in funzione del cambiamento climatico e l’obiettivo va raggiunto in qualche manciata di decadi, almeno in Europa. Sarà il più grande tsunami dell’Industria e dovrà avvenire in un decimo del tempo che è servito per costruire la grande cattedrale originaria.
URBANIZZAZIONE: ADDIO AUTO
Urbanizzazione, l’altro grande tema da affrontare. Ai tempi della Grande Guerra (e dell’influenza spagnola), c’erano poche città “milionarie" in termini di abitanti: Londra e Pechino sono state le prime dell’era moderna, ma non le prime in assoluto se contiamo gli imperi più antichi.
Oggi la Storia si ripete con molte similitudini rispetto agli inizi del 1900 (Guerra in Ucraina e Covid), ma il 63% dell’umanità vive nelle grandi città, in circa 600 città in tutto il mondo Quelle 600 città rappresentano, a conti fatti, il mercato mondiale a cui i produttori si rivolgono. Sarà però vero che la tecnologia “ucciderà" l’urbanizzazione? Nonostante tutti i discorsi sullo smart working e sulla possibilità di lavorare da casa, molti esperti concordano che la tecnologia non ucciderà le grandi città in favore di un ritorno alle campagne o ai centri urbani più piccoli: la città, la grande città, sembra essere una macchina che produce speranza. Speranza di trovare un lavoro, speranza di trovare un partner, e via dicendo. E noi umani siamo attratti dalla luce e dalla speranza, nessuna tecnologia potrà cancellare questo.
Per ragioni pratiche, quindi, lo scenario che si dipinge è quello di una popolazione mondiale che vivrà su una percentuale a singola cifra della superficie del pianeta.
Curiosità: le donne si spostano prima in città rispetto agli uomini nelle zone in cui l’urbanizzazione è in crescita.
Proprio per questo motivo, da un lato c’è una spinta a rendere le grandi città più vivibili a livello di inquinamento locale (parliamo banalmente di effetti diretti sull’uomo, non di CO2) e da qui la spinta all’elettrico. Dall’altro, strettamente correlata, c’è l’esigenza di ridurre le auto di proprietà, specie nei contesti urbani.
L’obiettivo è chiaro, vendere meno auto ad un prezzo maggiore e guadagnare di più sui servizi aggiunti. Non succederà oggi, ma a tendere le auto saranno per pochi, come accade già da diverso tempo nelle megalopoli orientali, legando il possibile possesso delle auto, ad esempio, all’obbligo di un parcheggio di proprietà/in affitto, a una tassa aggiuntiva da pagare, o alle limitazioni dell’assegnazione di un’unica targa per famiglia e via dicendo.
INTELLIGENCE AS A SERVICE
Punto numero tre dello scenario futuro immaginato da Kjell: Intelligence as a Service. C’era una volta un mondo in cui, e gli smanettoni di elettronica o che sperimentavano con i primi rudimenti di programmazione lo sanno, accedere alle informazioni non era facilissimo, persino quando Internet già esisteva, anche se andava a 56K…
Le informazioni le creavano gli appassionati online nei forum, non c’erano tutorial per ogni cosa. Il 2022, invece, ci presenta uno scenario diverso, con Internet che offre una risposta condensata e prefabbricata a qualsiasi domanda o esigenza. Ad esempio, come cambiare la pasta termica ad un notebook.
La tendenza è quella di uno sviluppo e categorizzazione delle informazioni online, anche di qualità e a livello accademico/scientifico, che saranno fruibili con un “abbonamento" esattamente come oggi Spotify ci permette di accedere a tutto il catalogo musicale, senza andare a recuperare su Napster un brano alla volta ad esempio.
Le informazioni oggi seguono la stessa strada della musica, paghi un piccolo prezzo (la connessione o una sottoscrizione) e hai a disposizione tutta la conoscenza degli esseri umani. E questo ha accelerato i tempi, anche della Scienza: ad inizio pandemia si diceva che ci sarebbe stato bisogno di 10/15 anni per creare un vaccino, ma la conoscenza condivisa e accessibile da ogni parte del Mondo ha permesso di ridurre notevolmente le tempistiche.
SIAMO TUTTI CAPITALISTI GREEN
L’ultimo punto riguarda il capitalismo, ormai assodato come universale visto che i Paesi principali, persino quelli più lontani dal pensiero occidentale, si sono configurati come economie di mercato (esclusa la Corea del Nord).
Al mondo parliamo tutti la stessa lingua dell’economia, e oggi questa lingua è subordinata al tema della sostenibilità. Qualcuno grida al “greenwashing" da seguire come regola di compliance aziendale, ma non è affatto così: oggi (e domani ancora di più), sostenibilità significa avere un vantaggio competitivo.
L’industria, infatti, funziona a monopoli temporanei, dove temporaneo può significare anche durevole anni o decenni: iPhone, Ikea, Coca Cola, sono tutti marchi che da tempo sono al comando, in diversi settori. Vince chi fa le cose un pochino meglio degli altri e l’azienda vincitrice mantiene lo scettro se se continua ad essere un pochino migliore, pur svolgendo la stessa funzione e offrendo lo stesso servizio delle concorrenti.
Oggi, in quel concetto di “fare un pochino meglio", è entrato prepotentemente il tema della sostenibilità e dell’inclusività, ed è chiaro che per le aziende che vogliono restare in testa alle classifiche si tratta di qualcosa di imprescindibile.