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Le auto autonome di Stanford si preparano agli imprevisti con l'Intelligenza Artificiale

I ricercatori della Stanford University lavorano con l'Intelligenza Artificiale per "addestrare" le auto ad affrontare gli imprevisti

Le auto autonome di Stanford si preparano agli imprevisti con l'Intelligenza Artificiale
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Simone Facchetti
Simone Facchetti
Pubblicato il 2 apr 2019

I ricercatori della Stanford University lavorano con l'Intelligenza Artificiale per "insegnare" alle auto a guida autonoma ad affrontare gli imprevisti: un elemento in più per garantire la sicurezza dei veicoli senza conducente nella vita reale, in situazioni problematiche come per esempio la guida su strade ghiacciate (su cui stanno lavorando diverse aziende come MUJI con il suo shuttle)

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DUE MODI DI INTENDERE LA GUIDA AUTONOMA

Di norma, le auto a guida autonoma vengono sviluppate con una sensoristica così potente e avanzata da essere in grado di valutare le azioni da intraprendere sul momento in base alle informazioni ricevute istantaneamente da radar, LiDAR e mappe in alta risoluzione. Le auto sviluppate dai ricecatori di Stanford, tuttavia, integrano a questi dati anche le esperienze pregresse, grazie ad sistema che si serve dell'Intelligenza Artificiale per "addestrare" i veicoli senza conducente per agire in condizioni sconosciute e impreviste basandosi su manovre recenti e situazioni affrontate in passato.

Due i modelli a guida autonoma messi alla prova su un circuito per 10 giri consecutivi: Niki, una Volkswagen Golf GTI, e Shelley, un'Audi TTS, hanno percorso l'intero tracciato eguagliando il comportamento di un pilota esperto (e conoscitore del percorso) alla guida degli stessi veicoli e nelle stesse condizioni  Del resto, l'obiettivo dei ricercatori era proprio questo:

Vogliamo che i nostri algoritmi siano validi come i migliori piloti, si spera anche migliori – spiega Nathan Spielberg – Il nostro lavoro è motivato dalla sicurezza, vogliamo che i veicoli autonomi funzionino in molti scenari, dalla guida normale su asfalto asciutto alla guida sportiva su fondi a bassa aderenza, come neve e ghiaccio. 

PAROLA D’ORDINE: RIDONDANZA

Niki, per esempio, prima di affrontare il tracciato di prova è stata portata in un test-track ghiacciato nel Circolo Polare Artico, e questo le ha permesso di affontare senza esitazioni una situazione di fondo viscido. Attraverso la costruzione di una rete neurale è stato possibile integrare da una parte le passate esperienze di guida nel circuito Thunderhill Raceway di Willows, in California, dall'altra un centro di collaudo ghiacciato. In entrambi i casi, "l'esperienza" si traduce in 200.000 traiettorie "fisiche", sintesi dei dati raccolti dai sensori e delle previsioni effettuate dal "cervellone". 

Interessante il fatto che, nei test, il sistema neurale si sia comportato meglio rispetto al sistema basato sulle traiettorie fisiche, nonostante la mancanza di informazioni istantanee sulle condizioni di grip dell'asfalto. Il merito è dell'esperienza pregressa, che ha "allenato" la rete neurale. In assenza di tale esperienza, i dati fisici provenienti dei sensori sono invece più affidabili.

Il fine ultimo dei ricercatori è proprio dimostrare che la via più sicura sia l'integrazione tra i dati fisici, raccolti dai sensori, e quelli elaborati dall'Intelligenza Artificiale. Solo con una ridondanza di informazioni e di esperienze pregresse l'auto autonoma sarà davvero in grado di prendere decisioni consapevoli. Un po' come un pilota esperto. E forse anche meglio.

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