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Perché le auto da squadrate si sono "arrotondate"? | DESIGN

Cosa ha contribuito a cambiare maggiormente il design delle vetture nel corso della storia? La risposta non si trova nella moda o semplicemente in questioni estetiche, bensì nel prezzo della benzina. Vi siete mai chiesti cosa spinge le case

Perché le auto da squadrate si sono "arrotondate"? | DESIGN
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Simone Facchetti
Simone Facchetti
Pubblicato il 2 gen 2017

Cosa ha contribuito a cambiare maggiormente il design delle vetture nel corso della storia? La risposta non si trova nella moda o semplicemente in questioni estetiche, bensì nel prezzo della benzina.
Vi siete mai chiesti cosa spinge le case automobilstiche a cambiare lo styling delle proprie vetture? Sicuramente, nel corso degli oltre 120 anni di storia dell’auto, il design esterno ha subito dei cambiamenti radicali, cambiamenti spesso dovuti a rivoluzioni tecniche (come il passaggio dell’automobilismo di massa dalla trazione posteriore a quella anteriore), novità per la sicurezza (come l’introduzione dei fari elettrici o l’allungamento dei cofani anteriori per consentire una maggiore deformabilità in caso d’urto) o, semplicemente, per voglia di distinguersi dalla massa dei concorrenti.

La potenza di un barile

Il più grande cambiamento, tuttavia, è quello che viene dettato dalle condizioni economiche. E cosa di più ha regolato l’economia negli ultimi due secoli? Chiaramente il  prezzo del petrolio e di tutti i suoi derivati. La logica è semplice: quando il prezzo del carburante è basso, agli automobilisti non interessa consumare di più e quindi acquistano auto più grandi e imponenti; quando invece il prezzo comincia a salire, ecco che la tendenza è quella di scegliere vetture più piccole, in grado di consumare meno.

Partiamo dal mercato USA, uno dei mercati maggiormente influenzabili dall’aumento del prezzo del petrolio, semplicemente perché lì il carburante costa davvero poco rispetto all’Europa (e soprattutto all’Italia): ogni variazione ha una reazione quasi immediata negli automobilisti, e lo si può vedere soprattutto negli anni ’60-’70.

Anni ’70: “streamline” addio


In quell’epoca il prezzo del petrolio al barile, davvero irrisorio, spinse gli automobilisti a cambiare le proprie vetture, caratterizzate da linee futuristiche e super-aerodinamiche (definite “streamline"), con auto più grandi e squadrate. Il prezzo della benzina non era un problema e chi poteva consumava di più, scegliendo auto con motori dalla grande cubatura e dallo spazio interno ragguardevole, esteriormente caratterizzate da volumi squadrati e angolari.

Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, però, l’aumento vertiginoso del prezzo dei carburanti spinse i consumatori a ridurre le proprie esigenze in fatto di prestazioni, optando per auto meno imponenti, dotate di motori più piccoli e una linea più aerodinamica, data da forme più arrotondate e fluide, per far “scivolare meglio" i flussi d’aria. E’ l’epoca delle berline affusolate e dei minivan tondeggianti.
 

L’ascesa dei SUV (e la discesa del prezzo del petrolio)

Quello che è avvenuto negli anni successivi è storia recente: tra la metà degli anni ’90 e i primi anni del terzo millennio il prezzo della benzina tornò a scendere, alimentando la nascita di vetture sempre più spaziose e imponenti, dotate di grandi propulsori assetati di benzina. Vetture che oggi tutti conosciamo con l’acronimo di SUV.

2008: una crisi di valori

La categoria di vetture in costante crescita e con grandi prospettive di sviluppo futuro, non è sempre stata in vetta alle classifiche: nel periodo 2008-2012, infatti, in concomitanza con la crisi economica che ha attraversato mezzo mondo, il mercato auto USA è stato protagonista dell’ennesima reazione immediata degli automobilisti. Addio ai SUV, addio ai motori V8, benvenute utilitarie, ibride ed elettriche.


Ecco, quindi, che in quegli anni sbarcano negli USA vetture che gli americani non avevano mai visto per le proprie strade, almeno di recente: Fiat 500, Ford Fiesta, Volkswagen Golf e tante berline compatte fino a quel momento relegate a piccole quote di mercato. Gli americani si convinsero addirittura a comprare auto a gasolio per cercare di risparmiare qualche dollaro in più per il pieno.

Il ritorno dei SUV…

Passa la crisi, passa la voglia di risparmiare: ecco che, come da tradizione, si ritornano a comprare i SUV e le grandi berline. I piccoli motori turbo, effetto del downsizing, non fanno più la parte del leone nelle vendite. Questo “rilassamento” ha creato non pochi problemi ad alcuni costruttori, come ad esempio FCA, che ha dovuto dire addio alle recenti berline Dodge Dart e Chrysler 200 in favore di SUV, SUV e ancora SUV. La benzina è tornata ad essere il grande amore degli americani e lo scandalo “dieselgate” non ha contribuito certo a fermare questa tendenza.

…ma anche delle coscienze

E in Europa? Beh, qui il prezzo del carburante è sempre stato alto e, complici anche le nostre città (decisamente più piccole e “strette” rispetto a quelle americane), le grandi berline e i motori V8 non sono mai stati i best seller. Certo è che, negli anni ’90, anche noi abbiamo vissuto le conseguenze della crisi petrolifera, e guarda caso le auto prodotte in quel decennio erano pienamente paragonabili a quelle vendute negli USA nello stesso periodo. Solo un po’ più piccole.

Che ne sarà del futuro? Sicuramente non ci sarà più la corsa a chi consuma di più, in quanto le normative su consumi ed emissioni, – ma anche l’esigenza di aumentare il più possibile l’autonomia di ibride ed elettriche – porteranno necessariamente ad auto sempre più aerodinamiche e dai costi di gestione ridotti. O almeno questo è quello che possiamo prevedere…

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