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Uber e Wayve puntano ai taxi senza conducente a Londra

Taxi autonomi livello 4 a Londra nel 2026, Uber e Wayve scommettono sull’AI ‘embodied’ per strade reali e traffico complesso.

Uber e Wayve puntano ai taxi senza conducente a Londra
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Riccardo Mantica
Riccardo Mantica
Pubblicato il 12 giu 2025

La corsa alla guida autonoma si fa serrata nel cuore del Regno Unito. Uber ha annunciato l’avvio dei test su strada di veicoli autonomi di livello 4 a Londra, in collaborazione con la britannica Wayve, superando sul tempo il debutto del Tesla Cybercab, previsto negli Stati Uniti non prima del 2027. Se tutto andrà come previsto, la capitale britannica diventerà il primo grande centro europeo dove si vedranno circolare taxi senza conducente con il logo Ube, forse anche prima che Elon Musk riesca a parcheggiare il suo robotaxi in patria.

Il progetto sfrutterà l’Embodied AI sviluppata da Wayve, un’intelligenza artificiale che impara a guidare come un essere umano, senza affidarsi a mappe HD o regole pre-programmate. Secondo quanto dichiarato da Alex Kendall, CEO di Wayve, “la nostra tecnologia può imparare a guidare ovunque, in qualsiasi veicolo. A Tokyo, Milano o Montana, lo stesso modello ha dimostrato di cavarsela con successo”.

Un entusiasmo condiviso da Andrew Macdonald, COO di Uber: “La nostra visione è rendere l’autonomia un’opzione sicura e affidabile per tutti. Londra è il campo di prova perfetto, e questa sperimentazione rappresenta un passo avanti concreto verso quel futuro”.

Londra diventa il laboratorio europeo della guida autonoma

Con ambienti urbani tra i più caotici al mondo, una segnaletica talvolta arcana e una viabilità che alterna strade medievali a rotatorie futuristiche, Londra rappresenta un banco di prova ideale per testare le capacità di adattamento dell’AI sviluppata da Wayve. A differenza degli Stati Uniti, dove i test L4 sono spesso condotti in ambienti più prevedibili, il Regno Unito offrirà sfide reali a ogni incrocio.
Il governo britannico, ben consapevole del potenziale economico di questa rivoluzione, ha annunciato un’accelerazione normativa per consentire i primi servizi pilota entro la primavera del 2026. L’obiettivo? Diventare un riferimento globale nella mobilità autonoma. Un’ambizione che, se realizzata, farebbe del Regno Unito un pioniere anche nel quadro giuridico per la responsabilità dei veicoli senza conducente.

Tra scetticismi e promesse


Tuttavia, la strada è tutt’altro che sgombra. Il recente Automated Vehicles Act stabilisce che ogni veicolo autonomo dovrà dimostrare un livello di sicurezza pari o superiore a quello di un conducente umano competente. Inoltre, in caso di incidente, la responsabilità non sarà degli occupanti del veicolo, ma delle aziende proprietarie dei taxi. Se però a bordo ci sono comandi manuali, i passeggeri diventano “utenti responsabili”, con tutto ciò che questo comporta in termini legali.
Non mancano le voci scettiche. Steve McNamara, segretario generale della Licensed Taxi Drivers’ Association, ha affermato che “il governo vive nel mondo della fantasia. Probabilmente avremo i taxi volanti prima di quelli autonomi a Londra”. E aggiunge con un tocco di realismo domestico: “La maggior parte delle persone non si fida nemmeno di un robot per tagliare l’erba. Chi si fiderebbe di uno per accompagnare i propri figli a scuola?
Ad oggi, Uber non ha confermato se il servizio sarà aperto al pubblico né come verrà implementato. I dettagli su partner OEM (Original Equipment Manufacturer) e tempistiche precise saranno comunicati nei prossimi mesi. Nel frattempo, Londra si prepara a diventare il nuovo campo di battaglia tra intelligenze artificiali su ruote. E, nel caso le cose non andassero lisce, beh, c’è sempre tempo per i taxi volanti.

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