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Le materie prime per le batterie? Le aziende minerarie guardano ai fondali marini

Le compagnie minerarie vorrebbero sfruttare le riserve di nichel, cobalto, rame e manganese che si trovano sul fondo del mare

Le materie prime per le batterie? Le aziende minerarie guardano ai fondali marini
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Filippo Vendrame
Filippo Vendrame
Pubblicato il 31 ott 2022

Per aumentare la produzione delle batterie serve disporre di un'adeguata fornitura di materie prime. Proprio per questo, le compagnie minerarie stanno lavorando per trovare nuovi siti dove poter estrarre queste importanti risorse per il settore automotive. A quanto pare, sembra che queste aziende stiano guardando con interesse a possibili nuovi giacimenti che si trovano sotto il mare.

Proprio per questo, tali società stanno lavorando per ottenere le concessioni per lo sfruttamento di questi nuovi siti minerari, oltre a sviluppare e sperimentare tutte le attrezzature necessarie per poter estrarre i minerali dal fondo del mare. Contestualmente, le associazioni ambientaliste si stanno già muovendo per frenare questa corsa visto che l'impatto ambientale per l'ecosistema marino potrebbe essere molto importante. Proprio per questo, diverse aziende, tra cui anche alcuni costruttori di auto, si sono impegnate a non utilizzare materie prime estratte dai fondali marini proprio a causa di questi rischi ambientali.

GRANDI RISORSE

Quello che sta attirando le compagnie minerarie sono le grandi quantità di nichel, cobalto, rame e manganese che si possono trovare sui fondali marini. Ad una profondità di oltre 3.000 metri sono presenti vaste aree il cui le rocce contiengono questi materiali molto importanti per la produzione delle batterie delle auto elettriche. Queste pianure abissali sono, però, anche il più grande habitat dell'intero pianeta.

In queste aree sono presente delle piccole rocce (dimensioni simili a quelle di un patata) che ricoprono il fondale e che sono chiamate noduli polimetallici. Queste rocce hanno una concentrazione di nichel e cobalto molto superiore rispetto a quella presente sulla terraferma.

Secondo quanto raccontato, ci  sono 274 milioni di tonnellate di nichel in un'area di 1,7 milioni di miglia quadrate dell'Oceano Pacifico. Questa zona è chiamata Clarion-Clipperton. A titolo di confronto, sulla terra, considerando tutte le riserve note, non si va oltre i 95 milioni di tonnellate. Su fondo del mare ci sarebbero anche 44 milioni di tonnellate di cobalto rispetto ai 7,5 milioni sulla terraferma.

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L'accelerazione delle vendite di veicoli elettrici e la crescente domanda di materiali per batterie hanno innescato una corsa a queste risorse in fondo al mare. Le compagnie minerarie stanno sviluppando speciali mezzi autonomi che possono lavorare a queste profondità per raccogliere queste rocce contenenti le risorse preziose per realizzare gli accumulatori.

Gran pare delle attrezzature, comunque, derivano da quelle utilizzate per l'estrazione del petrolio e del gas. Uno dei vantaggi dell'estrazione dei materiali preziosi dal fondo del mare è quello di accorciare la catena di approvvigionamento.

Il cobalto, ad esempio, viene estratto nel Congo per essere poi inviato in Sud Africa, dove viene spedito in Cina per la raffinazione. Il metallo va poi alle fabbriche di batterie in Europa e negli Stati Uniti. Nel caso dell'estrazione marina, il materiale viene stivato nelle navi per poi essere portato direttamente il più vicino possibile al cliente.  La maggior parte delle aziende punta alla zona di Clarion-Clipperton, situata tra il Messico e le Hawaii. La sua vicinanza al mercato nordamericano e la sua posizione "in acque amichevoli" la rendono molto interessante.

MA I RISCHI?

Insomma, il potenziale di questa soluzione per risolvere i problemi di fornitura delle materie prime delle batterie è davvero molto alto. Tuttavia c'è il problema dei potenziali danni all'ecosistema marino. Fortunatamente a supervisionare lo sfruttamento di queste nuove risorse c'è l’Autorità internazionale dei Fondali Marini (International Seabed Authority), nata nel 1994 e composta da quasi 200 Paesi membri. Dal 2021 ha concesso 19 permessi di esplorazione a una varietà di compagnie internazionali e attualmente sta sviluppando una sorta di codice minerario che va a disciplinare lo sfruttamento delle risorse minerarie sui fondali marini. Nel frattempo, le compagnie minerarie e i gruppi ambientalisti si stanno preparando per un confronto.

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