Le case automobilistiche all'Europa: "servono più colonnine per la ricarica"
Le case automobilistiche accettano i nuovi limiti sulle emissioni ma chiedono all'Unione Europea un maggiore impegno per la realizzazione di un'adeguata infrastruttura per la ricarica dei veicoli elettrici.

L'Unione Europea intende imporre limiti sulle emissioni sempre più severi. Le case automobilistiche europee fanno sapere di essere pronte a fare la loro parte, accettando le nuove regole a patto, però, che siano legate a precisi vincoli per ogni Paese membro per quanto riguarda la creazione di nuovi punti di ricarica per le auto elettriche e di stazioni di rifornimento per i veicoli Fuel Cell.
SERVONO LE COLONNINE
In sintesi, attraverso ACEA, l'Associazione europea dei costruttori di automobili, viene chiesto all'Unione Europea che il nuovo regolamento sulle emissioni si basi su "rigorosi obiettivi di implementazione delle infrastrutture a livello dell'UE", che rientrino all’interno della riforma della normativa sull'infrastruttura per i combustibili alternativi (Afid). Si chiede, dunque, che venga ridotto rapidamente il deficit infrastrutturale delle reti di ricarica. Nel Vecchio Continente sono attivi, oggi, circa 225 mila punti di ricarica pubblici.
Per raggiungere gli obiettivi di riduzione di CO2 nel 2030 è necessario spingere sulla diffusione delle auto a batteria ma per fare questo è fondamentale realizzare una capillare infrastruttura di rifornimento. Secondo alcune stime, per il 2030 serviranno ben 3 milioni di punti di ricarica pubblici. Le case automobilistiche stanno investendo molto nella mobilità elettrica e questi investimenti stanno dando i primi frutti.
Secondo Oliver Zipse, presidente di ACEA e CEO di BMW, la crescita dei modelli a batteria continuerà, però, solo se i Paesi europei inizieranno a fare investimenti coordinati per la crescita dell'infrastruttura. Per questo si chiede che la revisione della normativa delle emissioni sia collegata ad impegni nazionali vincolanti e obbligatori sulla rete.
Per l'adozione dei veicoli elettrici si deve applicare una logica semplice: il numero di punti di ricarica e di stazioni di idrogeno che gli Stati dell’UE si impegnano effettivamente a realizzare nell'ambito dell’AFID determinerà quale sia un obiettivo realistico per la riduzione della CO2 entro il 2030.
Inoltre, i Paesi membri dell'UE dovrebbero predisporre un quadro giuridico per la rapida implementazione dell'infrastruttura di ricarica privata a casa e nei luoghi di lavoro. Aggiunge Zipse:
Le case automobilistiche rimangono pienamente impegnate nella mobilità a emissioni zero e stanno portando la tecnologia richiesta sul mercato a un ritmo molto elevato. Ma questo non può essere un obbligo unilaterale. Il successo dell'obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del settore dei trasporti dipende fondamentalmente dall'avere la giusta infrastruttura. Contiamo sulla Commissione Europea per stabilire il collegamento necessario tra gli obiettivi del settore e quelli degli Stati membri dell'UE.
Il problema sollevato da ACEA non è affatto nuovo, anzi, da tempo se ne discute. I costruttori domandano quindi all'Unione Europea un maggiore impegno per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica. Vedremo, dunque, quale sarà la risposta.