Opel Astra Coupé: fascino italiano e precisione tedesca
Disegnata e costruita da Bertone, la sportiva compatta di Opel univa eleganza, tecnica e prestazioni in un progetto unico nel suo genere.

Venticinque anni fa, sulle strade italiane compariva una novità capace di far voltare le persone, la Opel Astra Coupé. Non si trattava di un semplice restyling o di una versione “a tetto basso” della Astra di serie, ma del risultato di un incontro raro. Da una parte c’era l’estro della Carrozzeria Bertone, capace di trasformare la lamiera in forme eleganti e dinamiche. Dall’altra, la solidità tecnica di Opel. Insieme misero in strada una compatta dal profilo affilato, equilibrata tra stile e prestazioni.
E Bertone non si fermò al progetto. Ogni esemplare prendeva forma in un impianto costruito apposta, poco fuori Torino, con una capacità produttiva di circa 30.000 unità all’anno. I componenti principali, motori, trasmissioni e lamierati, arrivavano dagli stabilimenti europei Opel, ma l’assemblaggio seguiva processi e controlli qualità in linea con quelli tedeschi, trapiantati nel cuore del Piemonte.
La Astra Coupé non nasceva nel vuoto. Tra il 1961 e il 2001, Opel aveva già venduto 2,5 milioni di coupé in tutto il mondo. Questa nuova arrivata, derivata dalla Astra-G, non si accontentava di replicare il concetto: al posto di un “taglio” alla carrozzeria originale, proponeva una reinterpretazione completa, capace di unire l’eleganza sobria a un look moderno e deciso.
Due motorizzazioni per due caratteri
La gamma proponeva due versioni:
- 1.8 16V ECOTEC da 125 CV (92 kW), 0-100 km/h in 9,5 secondi, velocità massima 210 km/h.
- 2.0 16V ECOTEC Turbo da 190 CV (140 kW), 0-100 km/h in 7,5 secondi, velocità massima 245 km/h.
Il 2.0 Turbo era un inedito quattro cilindri sovralimentato, mentre il 1.8 ECOTEC era condiviso con altre Opel dell’epoca. Parliamo di Opel Astra, Zafira e Vectra. Entrambe le unità si distinguevano per buone prestazioni, consumi contenuti ed emissioni ridotte.
Telaio sportivo e assetto su misura
L’assetto sfruttava sospensioni sportive autostabilizzanti DSa (Dynamic SAfety). La carrozzeria era ribassata di 20 mm rispetto alla berlina Astra-G, con molle e barra stabilizzatrice anteriore irrigidite e ammortizzatori più duri. All’avantreno, lo schema McPherson era rivisto con una taratura aumentata da 21 a 24 Nm/mm e componenti specifici per un comportamento più reattivo in curva. Al retrotreno, barra stabilizzatrice leggera ma più rigida, molle minibloc e ammortizzatori separati permettevano di contenere l’ingombro, a vantaggio dello spazio interno. La frenata era affidata a quattro dischi (anteriori ventilati) con ABS di ultima generazione. Nonostante l’assetto ribassato e il profilo filante, la Astra Coupé offriva un abitacolo spazioso per quattro persone e un bagagliaio da 460 litri (metodo VDA). La qualità costruttiva era supportata da una garanzia anticorrosione passante di 12 anni.
Design e aerodinamica
Rispetto alla berlina, la coupé era 157 mm più lunga e 34 mm più bassa, mantenendo passo e larghezza (1.709 mm). Il parabrezza inclinato e il tetto fluido garantivano un Cx di 0,28. Lo spoiler posteriore integrato migliorava la deportanza, mentre l’assenza dell’intelaiatura delle porte e il montante centrale nero creavano l’effetto di un’unica superficie vetrata. Para urti più compatti, ampia presa d’aria anteriore, fari con cornici scure, mascherina originale e terminale di scarico ovale sottolineavano il carattere sportivo. Maniglie, specchietti, modanature e sottoporta erano in tinta con la carrozzeria, a rafforzare l’eleganza complessiva. Con la Astra Coupé, Opel e Bertone dimostrarono come stile e tecnica possano fondersi in un prodotto equilibrato e distintivo, destinato a restare un punto di riferimento tra le coupé compatte di fine anni Novanta.