Uber: tassisti australiani avviano una class action da centinaia di milioni di dollari
Uber si prepara a debuttare nel mercato finanziario, ma una nuova class action potrebbe rovinare la festa del colosso
Mentre in questi giorni Uber si prepara a debuttare nel mercato azionario – con una IPO di valore inferiore ai 120 miliardi di dollari ipotizzati a fine 2018 -, una nuova grana minaccia di rovinare la festa al colosso del ride sharing.
Si tratta di una class action portata avanti dai tassisti australiani, a cui hanno già aderito oltre 6.000 partecipanti, che punta ad ottenere un risarcimento quantificabile nell'ordine di centinaia di milioni di dollari. L'azione legale ha trovato tanti sostenitori in quanto la formula proposta è quella del no-win no-fee, quindi coloro che hanno aderito non dovranno sborsare un centesimo nel caso in cui non dovessero ottenere la vittoria in tribunale.
Secondo quanto riferito da Reuters, i partecipanti ritengono Uber responsabile di aver rovinato le loro vite, dal momento che la società ha ignorato le regole locali sul trasporto e sulla necessità di disporre di una licenza per effettuare questo genere di servizio pubblico, andando quindi a danneggiare tutti i tassisti regolari. La maggior parte dei tassisti che hanno preso parte alla class action proviene dalle regioni del Queensland, Nuovo Galles del Sud, Victoria e Australia Occidentale.
L'accusa afferma che Uber non solo ha operato in maniera illegale, ma ha anche aiutato i suoi rider a fare altrettanto, offrendosi di pagare le loro multe qualora fossero stati colti in flagrante nella violazione delle leggi locali. Questo, sempre secondo l'accusa, avrebbe permesso alla società di rafforzare rapidamente la propria presenza nel mercato, danneggiando tutti gli altri player.
Al centro della vicenda ci sarebbe anche il controverso software Greyball, utilizzato da Uber per impedire ad una specifica cerchia di utenti di accedere al servizio. Chiunque venga colpito da Greyball, infatti, perde la possibilità di visualizzare i veri veicoli in servizio, dal momento che sul suo client vengono visualizzati solo dei mezzi fantasma che non è possibile prenotare. Questo viene utilizzato sia per bloccare i clienti che violano i termini e le condizioni, ma anche per prendere di mira eventuali ufficiali e impedirgli di salire su un veicolo di Uber per poter effettuare i controlli necessari.
Uber ha risposto alla vicenda affermando di non essere a conoscenza di questa class action, rimarcando però che le accuse sono gravi e che – qualora dovessero essere formalizzate – intende dargli risposta con forza in un'aula di tribunale. Attendiamo maggiori dettagli sul caso.