Volkswagen Golf GTI: recensione e prova su strada
L’inedita prova tra la prima e l’ultima Golf GTI. Il divertimento è ciò che unisce le varie generazioni dell’icona tedesca, dal 1976 a oggi. La compatta sportiva di Volkswagen è un vero mito. Che va oltre il tempo e le mode.
L’inedita prova tra la prima e l’ultima Golf GTI. Chi ha vinto? Il divertimento. Perché questo è ciò che unisce le varie generazioni dell’icona tedesca, dal 1976 a oggi: lo spirito del modello originale, quel piacere di guidare veloci e sicuri, sempre. La compatta sportiva di Volkswagen è un vero mito. Che va oltre il tempo e le mode.
Non capita tutti i giorni di fare un test così: con la nuova Golf GTI a confronto con la prima generazione della compatta sportiva più famosa al mondo. Già, roba da non dormire la sera prima, e più o meno è andata in questo modo…
Da una parte la versione più recente della hot hatch di Volkswagen, la Performance con ben 245 cv e nella versione con il DSG. Dall’altra la prima indimenticabile GTI, l’oggetto del desiderio di tutti quelli che oggi sono già negli “anta”, con qualche capello bianco in più e un pizzico di nostalgia.
La Golf ha già compiuto 43 anni e se li porta davvero bene: nasce infatti nel 1974, firmata da Giorgio Giugiaro e ne abbiamo parlato anche qualche tempo fa in occasione della nostra visita all’ItalDesign. L’anno successivo al Salone di Francoforte viene presentata per la prima volta al pubblico una concept chiamata GTE, definita dalla Casa “la Volkswagen più veloce di tutti i tempi”. Piace talmente tanto che a Wolfsburg decidono di produrne una serie limitata di 5000 esemplari: il suo nome diventa GTI e il prezzo sale del 30% rispetto alla più cara della gamma, eppure in un anno ne vengono ordinate circa 50.000.
La GTI ,“Gran Turismo Iniezione”, da sempre contraddistinta da quella linea di colore rosso sulla calandra, monta un 4 cilindri 1.6 con 110 cavalli, derivato da quello dell'Audi 80, abbinato a un cambio manuale a quattro rapporti.
A partire dall’agosto del 1980 viene equipaggiata con gruppi ottici posteriori più grandi e all’interno con una plancia modificata. Si tratta di un piccolo primo restyling e dal punto di vista tecnico il cambio manuale diventa a 5 rapporti: con la quinta in presa diretta, per avere una quarta più corta e migliorare la ripresa.
Noi abbiamo avuto la fortuna di guidare proprio un esemplare, di quella serie, del 1981 in condizioni impeccabili, restaurata con grande passione, dotata del tettuccio apribile e degli indimenticabili cerchi ATS Cup. Il nostro test è cominciato proprio con lei.
Già salire a bordo è tutta un’altra storia: l’abitacolo è proporzionato alle dimensioni della prima Golf e si presenta molto razionale, con pochi fronzoli e di chiara impostazione sportiva, con quel pomello del cambio a forma di pallina da golf che è diventato una leggenda. Anche lo stile della plancia è estremamente pulito, semplice, tutto è disposto con ordine, alla giusta altezza, insomma già a quei tempi l’ergonomia era considerata importante. Così come la qualità delle finiture, già ampiamente sopra la concorrenza, e la strumentazione di bordo, con contagiri e termometro olio. Manca però il termometro dell'acqua, sostituito da una spia che si accende a motore freddo, per poi spegnersi quando ha raggiunto la temperatura di esercizio, e si riaccende purtroppo con una luce rossa quando il danno è già fatto.
Dopo pochi chilometri ti accorgi che il sedile ti consente di stare seduto in basso, come deve essere su una sportiva, la pedaliera è ben disposta e anche la leva del cambio é al posto giusto consentendo una manovrabilità perfetta. Peccato per il volante che non si può regolare in altezza e per le dimensioni un po’ eccessive: per chi è alto diventa difficile trovare la posizione giusta. La visibilità è invece ottima ovunque, grazie alla carrozzeria squadrata e alla linea di cintura bassa.
Ma ciò che conta sono le emozioni che ancora oggi sa regalare: il piccolo millesei ad iniezione meccanica K-Jetronic è pronto, elastico quando serve, e con 110 cavalli su una vettura di soli 810 kg di peso, con un rapporto peso/potenza così, è piuttosto “cattiva”. All’epoca la Casa dichiarava uno 0-100 in 9 secondi, non male… ha una buona progressione e si comporta bene anche in ripresa. Anche sulle strade delle colline romagnole del nostro test si è sempre rivelata leggera ed equilibrata, mai in affanno.
Oggi come allora si rivela un’auto sicura, con una buona tenuta di strada, finché la strada è bella liscia, mentre invece su strade dissestate va un po’ in crisi. L’assetto è rigido e il rollio è veramente ridotto al minimo, la vecchia GTI è stabile ma va sempre trattata con rispetto, perché se ne perdi il controllo diventa difficile recuperarla. Sicuramente con un treno di pneumatici più moderni, il suo comportamento sarebbe ancora più efficace.
Non chiedetele però di essere anche confortevole: l'assetto sportivo c’è e si sentono buche, tombini e ogni minimo dislivello del fondo stradale e la rumorosità è semplicemente il piacere di sentire il sound del motore.
Comunque sono due i veri punti critici: lo sterzo e i freni. Il primo è molto pesante, senza servosterzo (nelle manovre da fermi è micidiale ed è consigliabile avere sempre le ruote in leggero movimento), poco progressivo e non all’altezza delle performance di cui è capace la mitica prima serie.
I freni sono quelli di una vettura di più di 36 anni fa, inoltre se si esagera i bloccaggi sono sempre dietro l’angolo ed è meglio non arrivare mai troppo forte in prossimità delle curve.
La realtà, come ho detto nel video, è che oggi siamo abituati molto bene, la tecnologia ha fatto passi da gigante e quando ci si rimette al volante di una sportiva di quell’epoca bisogna proprio fare un reset mentale e cambiare l’approccio.
Quella nuova, la settima generazione, nel 2017 è stata sottoposta ad un restyling per aggiornarla tecnologicamente e non. Tanto per cominciare bene i cavalli sono aumentati e ora in Italia è disponibile solo la versione più potente, la Performance con 245 cv (così non si paga nemmeno il tanto odiato superbollo).
Le novità sulla GTI sono dedicate principalmente all'estetica, con nuove firme luminose a LED e fari Full-LED e l'aggiornamento dei paraurti. Dietro mostra bene i muscoli con il doppio scarico sdoppiato.
L’ormai collaudato 2.0 TSI turbo quattro cilindri è abbinato di serie al cambio manuale a sei marce, con il pomello che richiama quello in stile pallina da golf. Abbiamo però volutamente optato per la versione con il DSG a doppia frizione, ora a sette rapporti, perché il confronto tra la prima e l’ultima evidenziasse ancora di più quanto è cambiata.
Appena ci mette al volante si ritrova la solita, ottima posizione di guida, bassa ma comoda, pensata anche per chi è “lungo” come il sottoscritto. Pochi chilometri e già ti sembra di conoscerla, tanto è semplice da guidare e priva di sorprese.
Il duemila turbo si esprime al meglio: non ha ritardi nella risposta, è reattivo, la spinta è bella piena e vanta un bell'allungo. Pur continuando a preferire le trasmissioni manuali, devo ammettere che questa nuova versione del DSG a sette rapporti va davvero bene: morbido e fluido quando serve e molto veloce quando volete darci dentro, con logiche di gestione intelligenti.
Il suo comportamento su strada, alla portata di chiunque, conferma anche le qualità della piattaforma modulare MQB: non ha mai reazioni strane, è veloce e piacevole da guidare, non è troppo esasperata per l'utilizzo quotidiano, e appena trovate un po’ di curve sa regalarvi grandi soddisfazioni.L’assetto ribassato di 15 mm è rigido ma non è esagerato: si fa sentire giusto un po’ quando la strada è sconnessa. Sull’esemplare in prova ci sono i cerchi di serie da 18 pollici e anche questi aiutano a renderla un buon compromesso: di sicuro con quelli da 19” previsti tra gli optional diventa meno confortevole.
Lo sterzo è azzeccato, con il giusto feedback, adeguato alle prestazioni di cui è capace questa nuova GTI, che può contare anche su un buon impianto frenante, che non crea mai patemi d’animo. E se proprio doveste esagerare, sulla GTI di oggi c’è sempre l’elettronica che vi aiuta, come dice il “Cico”. E’ proprio grazie all’amico Alessandro Cicognani, grande pilota e istruttore di guida Porsche, che abbiamo potuto dar vita a questo test da sogno: ci ha messo infatti a disposizione la sua splendida GTI classe 1981.
E cosa abbiamo capito da questo test? Che oggi di hot hatch ce ne sono tante, anche più potenti e cattive, ma la compatta sportiva di Wolfsburg resta un riferimento e mantiene intatto il suo fascino. E che tra lei e la sua antenata ci sono più di 36 anni, 135 cavalli e quasi 600 chili di differenza: una è dura e pura, l’altra moderna e ipertecnologica ma sono accomunate dalla stessa capacità di far divertire, di regalare il piacere di guidare veloci e sicuri, sempre. E non è poco.
https://www.youtube.com/watch?v=SnoDqXNGAFI