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Lancia Flavia: Il test drive di HDmagazine

Le highway americane sono un sogno al quale tutti gli appassionati di auto guardano come simbolo di libertà e spazi infiniti. Per chi come noi è reduce da un'estate spesa per qualche giorno negli Stati Uniti, negli occhi c'è ancora l'emozione di quelle

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Pubblicato il 21 ott 2012

Le highway americane sono un sogno al quale tutti gli appassionati di auto guardano come simbolo di libertà e spazi infiniti. Per chi come noi è reduce da un’estate spesa per qualche giorno negli Stati Uniti, negli occhi c’è ancora l’emozione di quelle strade senza fine dove incrociare altre auto può diventare un evento. Guardando per la prima volta la nuova Lancia Flavia, si ritorna con l’emozione a quei giorni, all’assenza di traffico, ai tettucci aperti e ai tramonti visti mentre eravamo lì alla guida della nostra vettura. Lancia Flavia arriva dagli Stati Uniti: è la derivazione della Chrysler 200, di cui mantiene alcune caratteristiche.

E’ una delle vetture che giungono fino a noi dall’accordo stilato dalla Fiat di Sergio Marchionne, e sull’onda della Freemont oggi vi proponiamo il test drive di questa berlinona scoperchiata, che ha alcuni pregi ma anche più di un peccatuccio da raccontare. Quattro metri e novantacinque centimetri di lunghezza, con quattro posti che si sposano a meraviglia sulle poltrone scelte da Lancia per ricarrozzare quelle discutibili della Chrysler 200, Lancia Flavia è la tipica cabrio di taglio americano pensata per gli spazi immensi, quasi immensi quanto lei.

Un metro e ottantacinque di larghezza, un’altezza di quasi uno e cinquanta e un peso in ordine di marcia che sfiora i 1800 chili, Lancia Flavia offre un motore da 170 cavalli, prima nota dolente della vettura.

Non un fulmine di guerra, non una BMW Serie 3 cabrio e nemmeno una vecchia Audi A4 dello stesso genere, Lancia Flavia fatica ad allungare: per stiracchiarsi fino a cento chilometri orari le servono quasi undici secondi, nonostante il motore 2.4 litri benzina con quattro cilindri in linea. La coppia è di “soli" 225 Nm, e la velocità massima dichiarata tocca i 195 chilometri orari. Il motore, americano, fa rimpiangere quelli Fiat, e anche il cambio, squisitamente Chrysler, non aiuta a trasformare la vettura in una mangia-asfalto.

L’impressione, a bordo di Lancia Flavia, è che sia lei a portarti in giro e non tu a guidarla. Cosa bisogna fare, allora, mentre si è alla guida? Stare attenti, certamente, ma anche godersi il panorama dato dal fatto che sopra di noi c’è soltanto il cielo.

Per aprire il tetto della Lancia Flavia basta una manciata di secondi, utile al meccanismo automatizzato per stivare la capote nel grande bagagliaio, che subisce ovviamente una batosta in termini di capacità. Quando chiusa, Lancia Flavia riesce soltanto ad alloggiare due trolley da cabina aerea nel proprio baule, che tra l’altro è molto pesante da aprire.

Inoltre, stupisce molto l’ingombro del posteriore della vettura, molto alto e quindi difficilmente coniugabile con un semplice parcheggio. Oltretutto, la mancanza dei sensori posteriori di parcheggio è una pecca dalla quale è dura riprendersi. D’accordo l’abitudine, ma dovremo sempre premurarci di avere un amico alle nostre spalle in grado di dirci dove stiamo andando (e soprattutto contro cosa).

Tra le altre mancanze, stupiscono quelle dei fari allo xeno, ai quali Lancia preferisce lasciare gli alogeni, e dei finestrini automatici, che almeno nel nostro caso non funzionavano. Lancia Flavia ha però anche dei pregi nemmeno tanto nascosti. La qualità a bordo passa dai materiali scelti dal produttore e dalle finiture dei sedili, dei quali abbiamo già parlato. Il volante è puntuale nei cambi di direzione, e anche il pacchetto infotainment, confortato dalla presenza dell’Hi-Fi Boston Acoustic, vede tanta qualità anche ai volumi più alti.

Da preferire sulle autostrade anziché sulle statali tortuose, Lancia Flavia dà il meglio di sé alle medie andature, quando l’aria non entra nell’abitacolo aperto (per ovviare al problema, potremo accendere il sempre comodo riscaldamento dei sedili). In accelerazione, il motore entra nell’abitacolo con un rumore simile a quello di un bimotore a elica, quantomeno retrò, e soprattutto insolito da trovare su una vettura di questa stazza. Si capisce che la derivazione è americana anche dal freno, non sempre puntuale e insufficiente al primo tocco. Serve una pressione decisa per sfruttarne tutte le doti.

A bordo si sta abbastanza comodi, anche se i guidatori più alti non potranno più di tanto abbassare il sedile. La testa non spunta, ma contavamo su una posizione di guida più ribassata per evitare l’aria a cielo aperto. La capote può anche essere aperta dalla chiave elettronica fornita da Lancia, che sarebbe dovuta però intervenire sul cruscotto, che offre ancora quei caratteri digitali verdi anni ’90 che sinceramente speravamo di esserci messi alle spalle.

Ci era piaciuto moltissimo l’esperimento Freemont, con quella derivazione ragionata e ripensata da Fiat per mettere a proprio agio il guidatore. Su questa Lancia Flavia, invece, la provenienza americana viene bilanciata soltanto da pochi interventi del produttore, che non giustificano i quasi 40.000 euro del prezzo finale. Poche ciance… è una vettura che non ci è piaciuta fino in fondo. Semplicemente perché si chiama Lancia, ma non è una Lancia. O almeno, non è SOLO una Lancia.

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