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Il V2G, acronimo di Vehicle-to-Grid, è la tecnologia che permette la comunicazione bidirezionale tra rete e auto elettrica. La batteria della vettura non viene solo caricata ma può cedere energia alla rete così da stabilizzarrne la domanda in occasione di quei famosi picchi che ne metterebbero a rischio la stabilità.
Se per esteso si scrive Vehicle-to-Grid, nella forma contratta ci troviamo di fronte a due sigle: V2G e V1G. La seconda non è altro che la connessione tra veicolo (Vechicle) e rete (Grid) per la ricarica, in sola modalità di prelievo. V2G diventa quindi il modo per specificare che l'auto è in grado di fornire energia alla rete.
Avete presente quando d'estate l'accensione contemporane di più climatizzatori manda in tilt la cabina di zona? Si tratta di un picco di richiesta di potenza da parte delle case verso la rete elettrica che, essendo progettata con un limite massimo, ha dei limiti proprio come è limitata la potenza nelle nostre case e, quando superiamo i 3 kW, "scatta il contatore" (scopri qui come aumentare la potenza impegnata nella nostra guida).
In uno scenario in cui ci saranno milioni di auto elettriche, con migliaia di queste concentrate nella stessa zona, la ricarica simultanea può creare gli stessi problemi dei climatizzatori ma, paradossalmente, può anche risolverli. Le batterie delle auto in carica possono infatti cedere per micro-fluttuazioni la loro energia alla rete, diventando la chiave che stabilizza.
Diffondere il V2G in Italia è tecnicamente semplice dato che esistono da tempo le auto (Nissan Leaf è un esempio) che permettono di gestire questa tecnologia, così come sono già presenti molte colonnine utilizzate per le sperimentazioni. Il problema è di tipo burocratico e la nuova bozza di decreto consentirà di riempire quei buchi normativi.
Il Vehicle-to-Grid entra nelle Unità Virtuali Abilitate Miste (UVAM) che creano un impianto virtuale di produzione e consumo di elettricità e vengono quindi inserite nel mercato così come accade per gli impianti di generazione da fotovoltaico ad esempio. La riduzione a 200 kW della taglia minima per le UVAM, rispetto al MW, ha consentito di trasformare in punti di ricarica in UVAM.
L'unità non è solo quella di un cluster di colonnine (pensiamo ad una stazione di ricarica pubblica con più postazioni) ma il concetto di UVAM può essere esteso alle auto di una flotta aziendale fino a scendere allasingola postazione di ricarica domestica, sia condominiale che individuale.
Il V2G funziona consentendo alle auto elettriche di restituire elettricità alla rete, permettendo quindi di utilizzarle come generatori (o meglio come "batterie tampone" ma aiutando anche nella regolazione primaria e secondaria di frequenza e tensione. Proprio per questo motivo è chiaro che il Vehicle-to-grid è una tecnologia che rende meglio con la ricarica lenta: se nelle colonnine veloci la priorità è quella di riempire la batteria nel minor tempo possibile, in quelle lente in AC (guarda la video guida sui tempi di ricarica) abbiamo spesso tanto tempo a disposizione per la ricarica. Per questo, quindi, è accettabile che avvengano fluttuazioni durante la notte in cui l'auto cede energia alla rete e si scarica leggermente, a patto che all'orario impostato dall'utente la carica raggiunta sia quella prestabilita.
Risposta breve? Sì, il V2G danneggia in una certa misura le batterie, in quanto consuma un certo numero di cicli di scarica, cicli che nell'attuale generazione di accumulatori al litio sono limitati. Quanto le "danneggia"? Difficile dirlo perché ci sono troppe variabili in gioco. Solo il tempo e l'utilizzo potrà darci una stima reale.
Esistono però alcuni studi e, in Europa, sono state effettuate due test, uno sperimentale e uno simulativo i cui risultati sono stati pubblicati a marzo 2019. La prima sperimentazione era volta a massimizzare il profitto del proprietario dell'auto tramite la vendita di energia alla rete nei periodi di picco. La seconda era ensata per aumentare la longevità della batteria usando il V2G per regolare le condizioni di carica delle celle durante i periodi di sosta più lunga.
Le sperimentazioni hanno mostrato che un uso sconsiderato del V2G può ridurre la vita utile delle batterie sotto ai 5 anni e che la chiave di questa tecnologia è il V2G intelligente, che tenga conto dell'invecchiamento delle batterie e si adatti alla loro naturale perdita di capacità nel tempo. Scegliendo questa strada, i modelli (teorici, non sperimentati) hanno mostrato che un'auto con V2G intelligente può portare profitto e allo stesso tempo estendere la durata della batteria rispetto ad un'auto identica che non approfitta del Vehicle-to-grid. Nello specifico: la perdita di capacità viene ridotta del 9,1% e la perdita di potenza del 12,1%.
In quest'ottica, e con una gestione accorta, il V2G potrebbe anche essere incentivato. Chi offre servizi di ricarica potrebbe invitare gli utenti a caricare a tariffe convenienti ad un determinato orario ma potrebbero esserci altri utilizzi.
Un'attività commerciale potrebbe offrire parcheggio gratuito o sconti ai clienti che metteranno l'auto a disposizione per il V2G, ricaricando mentre fanno shopping ad esempio. Lo stesso può valere per chi gestisce gli hotel che, predisponendo postazioni V2G, potrebbe incentivare all'utilizzo tramite sconti o servizi extra dedicati ai clienti proprietari di auto elettriche.
Il V2G di FCA in Italia ha mosso nuovi passi con Engie EPS e l'accordo da 25 MW di fornitura di energia a Terna, il gestore della rete italiana. Il piano è di erogare il servizio per 5 anni dal 2023 al 2027. L'erogazione sarà consentita sia tramite batterie di riciclo, non più adatte per autotrazione e rimosse dai veicoli, sia tramite quelle delle 500 elettriche dei dipendenti.
Nell'ambito del V2G, Enel X ha avviato una sperimentazione con Nissan Leaf e RSE per studiare la tecnologia bidirezionale di immagazzinamento e restituzione energia. Il progetto è partito a maggio 2019 e proseguirà nella sede milanese di RSE analizzando l'utilizzo dell'auto anche come sistema di accumulo per l'autoproduzione
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